Roma, 4 set. (LaPresse) – “Si ha la sensazione che la misura in corso non rappresenti null’altro che una sorta di esecuzione anticipata della pena prima del processo”. Così i legali dell’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, Renato Archidiacono e Luca Petrucci, commentano in una nota la decisione del tribunale del riesame di confermare la custodia in carcere per il loro assistito. Il tribunale, spiegano i due avvocati, non ha indicato “in concreto alcun elemento di fatto che possa, in qualche misura, dimostrare la necessità di mantenere la misura in corso”.

“Il ragionamento del tribunale – spiegano gli avvocati – introduce un pericolosissimo principio in base al quale dovrebbe essere l’indagato a fornire elementi che possano dimostrare la insussistenza di qualsivoglia esigenza cautelare. In buona sostanza si richiederebbe una sorta di probatio diabolica secondo la quale il cittadino indagato dovrebbe dimostrare, ciò che alla evidenza è indimostrabile e lo sarebbe per chiunque”. “Non si dice infatti nella motivazione – proseguono – come l’indagato potrebbe, in concreto, inquinare le prove o commettere fatti analoghi a quelli a lui attualmente contestati e ciò nonostante egli si sia dimesso da tesoriere del partito e lo stesso sia stato posto da mesi in liquidazione”.

“Sarebbe stato auspicabile – proseguono Archidiacono e Petrucci – che il tribunale esponesse elementi chiari e concreti. Per quanto riguarda l’affermato pericolo di inquinamento probatorio. Il tribunale, infatti, non si è posto minimamente alcun doveroso quesito quale ad esempio: quali testimoni egli potrebbe indurre a rendere dichiarazioni a lui compiacenti? Quali documenti di pertinenza della Margherita egli potrebbe manipolare e come potrebbe farlo, visto che non ha mai avuto nella sua disponibilità alcuna documentazione contabile?”. “Il tribunale – spiegano i legali – ha addirittura affermato l’attualità del pericolo di fuga nonostante il senatore abbia da tempo depositato in procura il suo unico passaporto, circostanza questa documentalmente dimostrata nel procedimento di riesame e della quale non ve ne è menzione alcuna nella motivazione dell’ordinanza. Tale pericolo all’evidenza risulta escluso a meno che non si voglia seriamente ipotizzare che il senatore Lusi possa riparare all’estero clandestinamente e con mezzi di fortuna”.

Il tribunale, spiegano i due avvocati, “non ha peraltro tenuto in alcuna considerazione il parere dei pubblici ministeri i quali, già dal 2/08/2012, avevano evidenziato l’intervenuta attenuazione delle esigenze cautelari, formulando un parere favorevole per la sostituzione della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari seppur sottoposta a prescrizioni”. “Da sottolineare infine – concludono Petrucci e Archidiacono – come il tribunale non abbia in alcun modo assolto all’indicazione contenuta nella sentenza di annullamento della Cassazione, non risolvendo la contraddittorietà decisionale, riguardante la diversa valutazione, sulla tutelabilità delle esigenze cautelari connesse ad alcuni cooindagati, per i quali, già dal 24/05/2012, era stata sostituita la misura degli arresti domiciliari con quella degli obblighi, rispetto alla scelta di mantenere la custodia cautelare in carcere nei confronti del senatore Lusi”.

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