Roma, 18 apr. (LaPresse) – La crescita, quella che lui stesso definisce come “la maggior preoccupazione dei cittadini” e allo stesso tempo “la parola più invocata dai responsabili della politica economica in Italia, in Europa” e persino “nel G20”, secondo il premier Mario Monti “non tornerà fino al 2013”. Lo scrive nella relazione introduttiva al Documento di economia e finanza che oggi il Consiglio dei ministri ha approvato e lo ribadisce nel corso della conferenza stampa a palazzo Chigi. Quel Def che certifica “la prima applicazione” della regola aurea del pareggio di bilancio in Costituzione e che contemporaneamente stima per quest’anno una contrazione del Pil pari all’1,2%. Per tornare a crescere è necessario, spiega il professore “un graduale ma duraturo percorso di rientro” e si tratta di “una scelta obbligata per evitare al Paese di mettere a repentaglio la sua sicurezza economica anche se a costo di sacrifici pesanti per i cittadini, le famiglie e le imprese”.

“L’obiettivo di portare i conti del settore pubblico in pareggio nel 2013, è una meta ambiziosa che abbiamo reso realistica con gli sforzi e i sacrifici richiesti ai cittadini”, sottolinea Monti continuando a battere sul tasto “sacrificio”, parola che dopo “rigore” sembra essere quella che gli riesce più facile pronunciare. Per superare una crisi che “sta imponendo un prezzo altissimo alle famiglie, ai giovani, ai lavoratori e alle imprese” il governo è impegnato a varare riforme strutturali “ben consapevoli che quello che facciamo è solo l’inizio di un’operazione che durerà molti anni”. D’altra parte sottolinea il presidente del Consiglio “la rifattura dell’economia italiana richiederà molti anni. Come può un governo dalla breve vita contribuirvi? Abbiamo pensato di farlo con questo piano riforme pluriennale”. Riforme che a detta di Monti non possono prescindere da una riforma della governance del Paese.

“L’Italia e gli italiani – spiega il presidente del Consiglio – hanno dimostrato una grande vitalità e una capacità di reagire uniti nel segno della responsabilità”. Questo, sostiene Monti “è un patrimonio che non deve andare disperso in una congiuntura ancora difficile” e l’impegno per il risanamento “non deve rallentare” e secondo il professore, “se le forze politiche che sostengono il governo dovessero condividere questa piattaforma programmatica, riformatrice, pluriennale e, dovessero farla propria, sarebbe un punto di appoggio importante per una le va di fiducia di lungo periodo con benefici fin da oggi per l’Italia”. I partiti quindi secondo Monti dovrebbero imparare dalla vitalità degli italiani e dal senso di responsabilità che guida l’azione del Governo e dovrebbero farlo poiché “una parte dello scetticismo verso l’Italia dipende dallo scetticismo nei confronti della volontà riformatrice della politica italiana”.

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