Stop ai sussidi internazionali alle fonti fossili entro la fine del 2022. Alla Cop26 a Glasgow è arrivato forse uno dei passi più importanti nella lotta ai cambiamenti climatici, che da tempo ci si aspettava. Probabilmente sarebbe stato, addirittura, decisivo se l’impegno a fermare gli aiuti ai combustibili fossili avesse riguardato un’applicazione all’interno dei propri confini nazionali. Ma come hanno osservato le associazioni ambientaliste si tratta di “un segnale concreto sulla strada della decarbonizzazione“.
La Dichiarazione sul ‘Sostegno pubblico internazionale alla transizione all’energia pulita’ è stata firmata al vertice delle Nazioni Unite sul clima da oltre 20 Paesi – tra cui l’Italia e gli Stati Uniti oltre al Regno Unito – lasciando la porta aperta a futuri ingressi. In sostanza promette di fermare i sussidi che fanno male all’ambiente entro il 2022: in Italia li chiamiamo proprio così, ‘Sussidi ambientalmente dannosi’ (Sad), e gli diamo risorse per circa 18 miliardi all’anno.
Parliamo di aiuti esteri, la formula usata è ‘internazionali’, per i settori con emissioni di CO2 ‘non catturabile’ (il termine è ‘unabated’), e vengono previste alcune eccezioni comunque in linea sia con la soglia degli 1,5 gradi di aumento medio della temperatura globale sia con il rispetto dell’accordo di Parigi.
L’impegno punta a fermare gli aiuti pubblici “al settore energetico internazionale” dei combustibili fossili che non prevedano tecnologie per l’abbattimento delle emissioni; letteralmente si fa riferimento a ‘unabated fossil fuel energy sector’, cioè emissioni non in grado di essere catturate e stoccate.
Punti cardine sono la priorità data all’energia pulita anche con partnership pubblico-privato; porre fine “al sostegno pubblico diretto al settore energetico internazionale dei combustibili fossili ‘non abbattibili’ (unabated) entro la fine del 2022; la spinta a “incoraggiare altri governi, le loro agenzie ufficiali di credito all’esportazione e le istituzioni finanziarie pubbliche ad attuare impegni simili nella Cop27 e di lì in avanti”.
“Sono questi i segnali concreti sulla strada della decarbonizzazione che auspichiamo escano dalla Cop26 – osservano Greenpeace, Legambiente e Wwf Italia – ora si metta a punto una roadmap per cancellarli anche in Italia”.
Tra i Paesi firmatari (in tutto 25), oltre all’Italia e agli Stati Uniti, ci sono l’Agenzia francese per lo sviluppo, l’Albania, il Canada, il Costa Rica, la Danimarca, la Banca Europea degli investimenti, l’Etiopia, le Isole Fiji, la Finlandia, la Nuova Zelanda, il Portogallo, la Slovenia, la Svizzera, e il Regno Unito.
Un elemento che emerge è come si debba progredire, con investimenti pubblici, sulla strada della riduzione dei costi per avere a disposizione alternative energetiche pulite come l’energia solare e quella eolica, in modo che possano diventare più economiche dei combustibili fossili in quasi tutte le regioni del mondo, “rivoluzionando e trasformando le opzioni e l’accesso all’energia”.
Guardando al cambio di paradigma del modello economico anche in direzione dell’applicazione dei principi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, e di una ripresa in chiave ‘green’ dall’uragano Covid sostenuta in particolare dall’Europa, la Dichiarazione generale di impegni siglata alla Cop26 contempla la promozione di misure per “aiutare” e “stimolare” uno sviluppo economico “sostenibile, resiliente e inclusivo a livello globale”, oltre che per sostenere “una transizione giusta”.