Attacco Usa in Iran, le possibili reazioni di Teheran

Dalla chiusura dello stretto di Hormuz alle ritorsioni contro obiettivi statunitensi nella regione

L’Iran ha trascorso decenni a sviluppare capacità militari a più livelli in patria e in tutta la regione, che miravano almeno in parte a dissuadere gli Stati Uniti da un attacco. Dopo l’intervento Usa e i raid sui siti nucleari nella notte, Teheran potrebbe utilizzare queste capacità militari per rispondere agli Stati Uniti. Ecco alcuni dei possibili scenari che potrebbero verificarsi. 

1) Attacchi contro obiettivi Usa nella regione

Decidere di vendicarsi sia contro gli Stati Uniti che contro i suoi alleati regionali darebbe all’Iran una serie di obiettivi molto più ampia e molto più vicina di Israele, consentendogli di utilizzare potenzialmente i suoi missili e droni con maggiore efficacia. Gli Usa e Israele dispongono di capacità di gran lunga superiori, ma non si sono sempre rivelate decisive negli interventi militari americani nella regione.

2) Chiusura dello stretto degli Hormuz

Lo Stretto di Hormuz è la stretta imboccatura del Golfo Persico attraverso la quale passa circa il 20% di tutto il petrolio scambiato a livello globale, e nel suo punto più stretto è largo solo 33 chilometri. Qualsiasi interruzione potrebbe far salire alle stelle i prezzi del petrolio in tutto il mondo e colpire anche le tasche americane. L’Iran vanta una flotta di imbarcazioni d’attacco rapido e migliaia di mine navali che potrebbero potenzialmente rendere lo stretto impraticabile, almeno per un certo periodo. Potrebbe anche lanciare missili dalla sua lunga costa sul Golfo Persico, come hanno fatto i suoi alleati, i ribelli Houthi dello Yemen, nel Mar Rosso. Gli Stati Uniti, con la loro Quinta Flotta di stanza nel vicino Bahrein, si sono impegnati a lungo a garantire la libertà di navigazione nello stretto e risponderebbero con forze di gran lunga superiori, ma anche uno scontro militare relativamente breve potrebbe paralizzare il traffico marittimo e spaventare gli investitori, causando un’impennata dei prezzi. Gli Stati Uniti hanno decine di migliaia di soldati di stanza nella regione, comprese basi permanenti in Kuwait, Bahrein, Qatar ed Emirati Arabi Uniti, paesi del Golfo Persico. Queste basi vantano lo stesso tipo di sofisticate difese aeree di Israele, ma data la maggiore vicinanza all’Iran, avrebbero molto meno tempo di preavviso per rispondere a ondate di missili o sciami di droni armati. L’Iran potrebbe anche scegliere di attaccare importanti impianti petroliferi e di gas in quei paesi. Un attacco con droni contro due importanti siti petroliferi in Arabia Saudita nel 2019 – rivendicato dagli Houthi ma ampiamente attribuito all’Iran – ha seppur brevemente dimezzato la produzione petrolifera del regno.

3) Attacchi con gli alleati regionali

Il cosiddetto Asse della Resistenza iraniano, rete di gruppi militanti in tutto il Medioriente, è un’ombra di ciò che era prima della guerra innescata dall’attacco di Hamas contro Israele dalla Striscia di Gaza del 7 ottobre 2023, ma possiede ancora alcune capacità formidabili. La guerra a Gaza ha gravemente intaccato Hamas e la Jihad islamica, e Israele ha inflitto un duro colpo anche a Hezbollah in Libano lo scorso autunno, uccidendo la maggior parte dei suoi vertici. Ma l’Iran potrebbe ancora fare appello agli Houthi, che hanno minacciato di riprendere i loro attacchi nel Mar Rosso, e alle milizie alleate in Iraq. Entrambi dispongono di capacità missilistiche e di droni che consentirebbero loro di colpire gli Stati Uniti e i suoi alleati. L’Iran potrebbe anche cercare di rispondere con attacchi in luoghi lontani, come è stato accusato di aver fatto negli anni ’90 con un attacco a un centro comunitario ebraico in Argentina, la cui responsabilità fu attribuita all’Iran e a Hezbollah.

4) Ripresa del programma nucleare dell’Iran e sviluppo di un’arma

Potrebbero volerci giorni o settimane prima che si conosca appieno l’impatto degli attacchi statunitensi sui siti nucleari iraniani. Ma gli esperti avvertono da tempo che anche attacchi congiunti statunitensi e israeliani ritarderebbero solo la capacità dell’Iran di sviluppare un’arma, non di eliminarla. Questo perché l’Iran ha disperso il suo programma in tutto il paese, in diversi siti, tra cui strutture sotterranee rinforzate. L’Iran probabilmente farebbe fatica a ricostituire il suo programma nucleare mentre gli aerei da guerra israeliani e statunitensi sorvolano il paese, ma potrebbe comunque decidere di porre fine alla sua cooperazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica e abbandonare il Trattato di non proliferazione nucleare: la Corea del Nord ha annunciato il suo ritiro dal trattato nel 2003 e ha testato un’arma nucleare tre anni dopo. L’Iran insiste sul fatto che il suo programma sia pacifico, sebbene sia l’unico stato non dotato di armi nucleari ad arricchire l’uranio fino al 60%, un passo tecnico breve dal raggiungere i livelli di qualità bellica del 90%. Le agenzie di intelligence statunitensi e l’Aiea stimano che l’Iran non abbia un programma nucleare militare organizzato dal 2003. Si ritiene che Israele sia l’unico stato dotato di armi nucleari in Medioriente, anche se lo Stato ebraico non ne riconosce il possesso.