Fu uno dei dirigenti dell'organizzazione genovese delle Brigate Rosse

 Il rapimento di Pietro Costa, della famiglia di armatori liguri di Costa Crociere fruttò, nel 1977, alle Brigate Rosse un riscatto di 1,5 miliardi delle vecchie lire: dietro quel rapimento vi era, tra gli altri, Leonardo Bertulazzi, ex Br scarcerato dalla Camera federale di Cassazione argentina, dopo essere stato arrestato, la scorsa estate, in seguito a 44 anni di latitanza.

I soldi di quel riscatto, dopo 81 giorni di prigionia, servirono a finanziare l’attività delle Brigate Rosse e, tra l’altro, ad acquistare per 50 milioni di lire l’appartamento di via Camillo Montalcini 8 nel quartiere Portuense di Roma, dove venne successivamente tenuto prigioniero Aldo Moro, il presidente della Democrazia Cristiana rapito dalle stesse Brigate Rosse nel 1978.

Bertulazzi doveva scontare una pena di 27 anni di reclusione in seguito a una sentenza di condanna emessa nel 1997 per vari reati tra cui sequestro di persona, associazione sovversiva e banda armata. Nato a Verona, si trasferì da bambino con la famiglia a Genova dove, successivamente, iniziò la sua militanza armata. Nel ’77 divenne uno dei dirigenti dell’organizzazione genovese delle Brigate rosse, ‘Colonna 28 marzo’, con il nome di battaglia Stefano. Bertulazzi partecipò alla pianificazione e all’esecuzione del rapimento di Pietro Costa, ingegnere navale della famiglia di armatori liguri, della Costa Crociere. Nello stesso anno, rimase ferito dall’esplosione di un ordigno rudimentale che lui stesso aveva costruito.

(AP Photo /Natacha Pisarenko)

Bertulazzi, ex Br rifugiato politico in Argentina

Bertulazzi è stato dichiarato rifugiato politico il 7 ottobre 2004 dalla Commissione Nazionale per i Rifugiati, Conare, in Argentina e, in virtù delle sentenze della Corte Suprema sull’estradizione dei condannati in contumacia, era rimasto libero fino alla scorsa estate, quando era stato dichiarato cessato il suo status di rifugiato. In quello stesso giorno, la polizia argentina lo aveva arrestato. La decisione di scarcerarlo, è stata presa dalla Camera II della più alta corte penale dell’Argentina, con la firma dei giudici Alejandro Slokar e Angela Ledesma – e il dissenso di Guillermo J. Yacobucci. Il giudice Slokar, che ha condotto l’accordo, ha ritenuto che la decisione del Tribunale federale non avesse valutato le circostanze personali del ricorrente, che avrebbero favorito la concessione della libertà e ha affermato l’esistenza delle radici di Bertulazzi nel paese sudamericano, sottolineando che “vive con la moglie da vent’anni nella stessa casa di cui – tra l’altro – è proprietario”, ricordando inoltre, che nell’ottobre 2004 era stato dichiarato rifugiato politico. 

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