Ilaria Salis affronterà il processo in Ungheria all’interno di una “cella di transito” grande “come un armadio” con le “un cinturone legato alle manette”, i “piedi legati con una cavigliera” e “un’altra manetta a cui è attaccato un guinzaglio”. È quanto emerge da una nuova lettera di 13 pagine che la maestra milanese 39enne, detenuta a Budapest in attesa del processo per lesioni ai danni di due neonazisti, ha inviato ai suoi legali Eugenio Losco e Mauro Straini in Italia.
Salis racconta di una “situazione alimentare catastrofica” se “non si hanno abbastanza soldi”. Grave la situazione sanitaria. “Mi hanno detto – scrive la 39enne i cui genitori si sono appellati alla premier Giorgia Meloni e i ministri Carlo Nordio e Antonio Tajani per chiedere che sconti i domiciliari in Italia, come previsto dai trattati – che qui in Ungheria nel questionario rivolto ai donatori di sangue chiedono anche se si è stati in carcere negli ultimi sei mesi. Significa che anche il sistema sanitario ungherese è a conoscenza della malnutrizione e delle condizioni sanitarie all’interno delle carcere”. La donna ha chiesto, ma non ancora ottenuto, la traduzione di tutti gli atti d’indagine che la riguardano per la contro-manifestazione antifascista di Budapest dell’11 febbraio 2023. In quella data è stata arrestata, con altri antifascisti da tutta Europa, per due aggressioni a neonazisti radunati in occasione del ‘Giorno dell’Onore’, celebrazione che ricorda la ‘resistenza’ delle SS all’avanzata dell’Armata Rossa nel 1945.