La missione Aiea è arrivata a Zaporizhzhia e spera di restarci con una “presenza permanente”. Dopo tanti tira e molla gli esperti guidati dal Direttore generale dell’Agenzia, Rafael Grossi, giungono nella regione dove è ospitata la centrale nucleare più grande d’Europa. La visita vera e propria al sito, che si trova a Energodar a un paio di ore di macchina, inizierà domani. Sulle modalità ci sono ancora dei nodi irrisolti. Secondo Grossi la missione durerà “alcuni giorni” dopo i quali “avremo un’idea di cosa sta succedendo”. L’obiettivo è quello di “prevenire un incidente nucleare” e “preservare” il sito. Il capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica ribadisce che da Mosca sono arrivate “garanzie esplicite” sul fatto che i 14 esperti siano messi nelle condizioni di fare il loro lavoro.Sul territorio però ad avere il controllo sono le autorità filorusse locali che mettono alcuni paletti. Prima di tutto gli inviati dell’Aiea dovranno “fare la fila” perché non saranno rilasciati loro pass speciali per raggiungere rapidamente la centrale. In secondo luogo la visita dovrebbe durare solamente 24 ore. “Devono controllare l’impianto in un giorno – scandisce Yevhen Balytskyi, capo filorusso dell’amministrazione regionale – se ci sono degli interventi da effettuare lo faranno nel corso di questo processo”. Secondo il politico locale l’obiettivo dichiarato dall’Aiea è quello di “ispezionare il funzionamento della centrale”, un concetto che per le autorità filorusse di Zaporizhzhia è “piuttosto vago”.Sul territorio invece l’attenzione è soprattutto sulla regione di Kherson. Le forze di Kiev annunciano di aver ripreso il controllo dei ponti stradali Kakhovsky e Antonivsky e di aver colpito “due magazzini con munizioni ed equipaggiamento di difesa antiaerea, una stazione radar e aree di concentrazione dell’artiglieria nemica”. Un passaggio importante nella controffensiva lanciata nel sud del Paese. Di parere opposto Mosca secondo cui, invece, il tentativo ucraino di riprendersi alcuni territori attualmente occupati è “fallito”. Il riferimento è soprattutto alle regioni di Mykolaiv e Krivyi Rih dove – a quanto riporta il portavoce del ministero della Difesa russo Igor Konashenkov – “le forze armate dell’Ucraina hanno perso più di 1.700 soldati, 63 carri armati, 48 veicoli corazzati da combattimento e quattro aerei”. Un quadro ancora fluido nel quale il presidente ucraino Volodymyr Zelensky torna ad appellarsi agli Alleati per un supporto “costante e adeguato” di armi e di sostegno finanziario perché “il potenziale dello Stato terrorista non è stato completamente distrutto e quindi sono necessari nuovi pacchetti di sanzioni”.