Commissione parlamentare su Regeni: “Egitto responsabile, c’era tempo per salvarlo”

Nella relazione della Commissione si legge: "La mancata collaborazione delle autorità del Cairo si configura come un’oggettiva ostruzione al naturale decorso della giustizia italiana che reclama un’adeguata presa di posizione politica"

“La responsabilità del sequestro, della tortura e dell’uccisione di Giulio Regeni grava direttamente sugli apparati di sicurezza della Repubblica araba d’Egitto, e in particolare su ufficiali della National Security Agency (NSA), come minuziosamente ricostruito dalle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Roma. Al riguardo, il quadro probatorio, formatosi nel corso della prima fase della cooperazione giudiziaria, è stato consolidato inequivocabilmente da numerose e convergenti testimonianze anche oculari”. E’ quanto si legge nella relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. 

Il ruolo della famiglia Regeni

“In tutto il loro corso, decisivi contributi alle indagini sono venuti dall’attività della famiglia Regeni e dello studio legale che la rappresenta. I Regeni hanno personalmente testimoniato – in ormai troppi anni di mancata giustizia – un impegno civile non comune che ha riscosso costantemente l’incoraggiamento e il sostegno dell’opinione pubblica, non solo italiana”. E’ quanto si legge nella relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. 

Il ruolo dell’Egitto

“In tutta evidenza – si legge – la mancata collaborazione delle autorità del Cairo si configura come un’oggettiva ostruzione al naturale decorso della giustizia italiana che reclama un’adeguata presa di posizione politica. È infatti intollerabile che da parte egiziana si ritenga di poter impunemente contravvenire alle più elementari concezioni del diritto ignorando che favorire la celebrazione del processo, ovvero parteciparvi da parte degli imputati, non implicherebbe affatto la sanzione della loro colpevolezza, ma significherebbe soltanto rispettare veramente e non solo formalmente l’ordinamento italiano”.  “È ipotizzabile che l’accanimento su Regeni sia il frutto del combinato disposto tra l’aspirazione ad una ricompensa da parte del sindacalista Said Abdallah – peraltro probabilmente non nuovo ad essere impiegato dai servizi segreti come dimostrerebbe il fatto che fosse in possesso dei contatti giusti per attivarli tempestivamente – e l’aspirazione a fare carriera di un’unità della National Security, desiderosa di recuperare nel nuovo regime il terreno perduto in termini di influenza politica rispetto all’epoca di Mubarak”. E ancora: “C’è stato tutto il tempo per intervenire e per salvare la vita a Giulio Regeni. La responsabilità di questa inerzia grava tutta sulla leadership egiziana“.