Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio riferisce in Parlamento sulla situazione in Afghanistan. “Conclusa l’emergenza – spiega il ministro – abbiamo ora avviato una fase nuova, di pianificazione e gestione della crisi. L’Italia continuerà ad aiutare gli afghani che intendano lasciare il Paese e ne abbiano titolo. Le operazioni dovranno naturalmente essere condotte in modo diverso, data la partenza definitiva dei contingenti militari e la chiusura, allo stato attuale, della nostra Ambasciata a Kabul. Ci stiamo muovendo su più fronti”.
“Nel giro di pochi giorni – ha ricordato Di Maio – abbiamo messo in salvo e trasferito in Italia 5.011 persone, di cui 4.890 afghani (più della metà, donne e bambini), tra quanti hanno collaborato con le istituzioni italiane e appartengono a categorie vulnerabili. Il ponte aereo ininterrotto, realizzato grazie alla sinergia fra tutti gli alleati, ha consentito di far uscire dall’Afghanistan complessivamente oltre 120mila persone, compresi interi nuclei familiari. L‘Italia, tra i Paesi europei, ha evacuato il maggior numero di cittadini afghani“.
Oltre al tema delle evacuazioni, però, “il confronto multilaterale prosegue su base quotidiana, con riunioni a livello politico e tecnico, su altri fondamentali profili. In primo luogo, sulla presenza diplomatica a Kabul, dopo la chiusura temporanea della maggior parte delle Ambasciate, ora abbiamo deciso di trasferire la nostra a Doha come ufficio diplomatico, in linea con quanto stanno facendo altri Paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Canada e in prospettiva Olanda e Spagna. Ho avuto modo di parlarne con il mio omologo qatarino, che ha confermato massima collaborazione” e “stiamo anche riflettendo sulla creazione di una presenza congiunta in Afghanistan – un nucleo formato da funzionari di più Paesi sotto l’ombrello dell’Unione Europea o, eventualmente, delle Nazioni Unite – con funzioni prevalentemente consolari e che serva da punto di contatto immediato. Si tratterebbe di una soluzione innovativa, per la quale sarà necessario un efficace coordinamento preventivo, sia per gli aspetti di sicurezza sia per la necessità di definire un mandato chiaro. Qualunque modalità prescelta dovrà in ogni caso essere inclusiva, condivisa con tutti i Paesi potenzialmente interessati a contribuire”.