Israele torna al voto martedì per la quarta volta in soli due anni. Le elezioni sono viste come un referendum sull’operato del primo ministro Benjamin Netanyahu, che punta a un nuovo mandato mentre è in corso a suo carico un processo per corruzione. I sondaggi prevedono una corsa estremamente serrata fra Bibi, alla guida del Paese da 12 anni, e il suo principale rivale, Yair Lapid, ma secondo le previsioni, nessuno dei due partiti, né il Likud né Yesh Atid, riuscirà a ottenere la maggioranza assoluta alla Knesset, il Parlamento monocamerale di Israele, il che obbligherà i due leader all’alleanza con partiti minori per la formazione di un nuovo esecutivo.
Se i sondaggi si dimostrassero veritieri, per Netanyahu sarebbe più facile formare un governo rispetto alla schiera dei rivali, uniti solo dall’opposizione al premier, ma non è detto che una delle due fazioni riesca comunque ad arrivare alla maggioranza. Netanyahu spera che gli elettori lo ricompenseranno alle urne per il successo della campagna vaccinale nel Paese e per gli accordi di normalizzazione con quattro Stati arabi favoriti dall’amministrazione Trump. Una vittoria alle elezioni politiche servirebbe al leader per avere un Parlamento più amichevole disposto a garantirgli l’immunità o a congelare il processo per corruzione.
Gli oppositori invece puntano sullo scontento della popolazione per i passi falsi fatti dal premier nella gestione della pandemia, per la sua stretta dipendenza dagli alleati religiosi e ultranazionalisti e, appunto, per il processo per corruzione. I sondaggi d’opinione hanno indicato che circa il 15% degli elettori resta indeciso. L’elezione di martedì dipenderà non solo da chi questi elettori sosterranno, ma anche dalla loro scelta di votare o meno. Gli analisti si aspettano che l’affluenza alle urne sia inferiore al livello del 71% delle ultime elezioni di un anno fa, in parte a causa delle preoccupazioni legate al coronavirus e in parte per la stanchezza generale dopo le continue crisi politiche. Israele sta fornendo strutture speciali, comprese cabine separate e seggi elettorali mobili, per consentire alle persone malate o in quarantena di votare.
Nonostante la corsa serrata, né Netanyahu e i suoi alleati religiosi e intransigenti, né il blocco dell’opposizione, guidato dal partito centrista Yesh Atid di Lapid, dovrebbero conquistare la maggioranza dei seggi da soli. Ciò porrebbe le basi per l’emergere dell’ex ministro dell’Istruzione e della Difesa di Netanyahu, Naftali Bennett, come ago della bilancia nella costruzione della coalizione. Il partito Yemina di Bennett è vicino all’ideologia del Likud ma i due politici hanno una relazione notoriamente tesa e Bennett si è rifiutato di schierarsi con una delle due parti. Se neanche i voti di Bennett dovessero bastare a una delle due fazioni, si potrebbe creare lo scenario per cui a diventare decisivo sarebbe il piccolo partito islamico guidato dal parlamentare arabo Mansour Abbas. In alternativa resta l’ipotesi di una quinta elezione.