Francia, al via il processo per gli attacchi terroristici del gennaio 2015

E Charlie Hebdo ripubblica le caricature di Maometto: Sono storia

 Charlie Hebdo ripubblica le caricature di Maometto che resero il giornale bersaglio del terrorismo jihadista. Alla vigilia dell'apertura oggi dello storico processo per gli attacchi di gennaio 2015 a Parigi, fra cui quello che decimò la redazione del settimanale satirico francese, il giornale fa una scelta che definisce "indispensabile". Mette in copertina i disegni pubblicati inizialmente dal quotidiano danese Jyllands-Posten il 30 settembre del 2005, e rilanciati da Charlie Hebdo nel 2006, in cui il profeta indossava una bomba al posto di un turbante; e ripubblica anche la caricatura di Maometto disegnata dal suo Cabu, assassinato nell'attacco del 2015. 'Tutto questo per questo', recita il titolo a caratteri cubitali gialli che campeggia sulle vignette.

 "Questi disegni appartengono ormai alla storia, e la storia non si riscrive né si può cancellare", è la posizione di Charlie Hebdo espressa nell'ultimo numero. "Non ci piegheremo mai, non ci arrenderemo mai", afferma Riss, il direttore. "Dopo gennaio del 2015 ci hanno spesso chiesto di realizzare altre caricature di Maometto. Ci siamo sempre rifiutati. E non perché questo sia vietato, la legge ci autorizza, ma perché serviva una buona ragione per farlo, una ragione con un senso e che portasse qualcosa al dibattito. Riprodurre queste caricature in questa settimana dell'apertura del processo per gli attentati di gennaio 2015, allora, ci è sembrato indispensabile", spiega la redazione. Per Charlie Hebdo è questione di "dovere d'informazione" perché le caricature sono "documenti che hanno un valore storico e penale". Ed è anche questione di portare avanti la lotta "contro questo oscurantismo che ha provato con il terrore di fare di noi degli schiavi".

 L'attentato a 'Charlie Hebdo' portò nel cuore dell'Europa tecniche di attacco jihadiste fino ad allora viste solo in Medioriente. Era il 7 gennaio del 2015: i fratelli Kouachi, francesi di origine algerina, addestratisi in Yemen con Al-Qaeda,  fecero irruzione nella sede di Charlie Hebdo e uccisero 12 persone. "Abbiamo vendicato il profeta", gridarono mentre fuggivano, dopo avere ucciso a bruciapelo anche un poliziotto sul marciapiede antistante la redazione. Dodici in totale i morti. Ne seguì una caccia all'uomo, che si concluse solo il 9 gennaio con la loro uccisione in un raid delle forze speciali francesi dopo che i fratelli si barricarono in una tipografia a Dammartin en Goele. Intanto ci furono anche altre vittime: l'8 gennaio Amedy Coulibaly uccise una poliziotta a Montrouge, vicino Parigi, e poi il 9 gennaio si barricò nel supermercato Hypercacher di Porte de Vincennes prendendo ostaggi. Il bilancio della crisi degli ostaggi fu di quattro morti e anche Coulibaly, che aveva prestato fedeltà all'Isis, fu ucciso. Gli attacchi dei fratelli Kouachi e di Coulibaly erano legati: il giovane chiese infatti la liberazione dei fratelli in cambio del rilascio degli ostaggi dell'Hypercacher; emerse poi che si erano conosciuti in carcere.

 Chiusa quella crisi, fu il momento di 'Je suis Charlie', con milioni in strada a Parigi per manifestare che la Francia restava in piedi. Ma l'Europa doveva ancora vivere il Bataclan, gli attacchi all'aeroporto e alla metro di Bruxelles e l'attentato sul lungomare di Nizza, solo per citarne alcuni.

 Il processo al via oggi in Francia, sotto rigide misure di sicurezza, riguarda tutti gli attacchi di gennaio 2015: a Charlie Hebdo, a Montrouge e al supermercato Hypercacher. Quattordici gli accusati, 13 uomini e una donna, che dovranno rispondere per avere fornito armi e appoggio logistico. Tre di loro non ci saranno perché all'estero, non si sa se vivi o morti: fra questi Hayat Boumeddiene, ex moglie di Coulibaly. Secondo Bfmtv, che cita una fonte di polizia, la donna sarebbe viva e si troverebbe nel nordovest della Siria. Le udienze saranno filmate a futura memoria, a sottolineare l'importanza storica dell'evento.