Uno approda all'Interno portandosi dietro un'accusa di stupro, il secondo - noto penalista - è stato ruvido detrattore del movimento #MeToo
Neanche il tempo di formare il nuovo governo che in Francia sono già scoppiate le polemiche. A protestare questa volta sono state le femministe che hanno mal digerito la scelta da parte del presidente Emmanuel Macron di nominare Gerald Darmanin all'Interno e il noto avvocato penalista Eric Dupond-Moretti alla Giustizia. Il primo perché accusato di stupro, il secondo perché ha criticato apertamente il movimento del #MeToo contro le molestie sessuali e la violenza sulle donne. Le attiviste hanno accusato il capo dello Stato di non aver mantenuto la promessa di fare della parità di genere la "Grande Causa" del suo mandato quinquennale e hanno chiesto le dimissioni dei ministri. "Non voglio fare la guerra a nessuno", "sarò il ministro del dialogo", ha detto Dupond-Moretti, dopo il passaggio di consegne con la ministra uscente Nicole Belloubet, riferendosi alle critiche ricevute dal principale sindacato dei magistrati francesi che ha definito la scelta di Macron una "dichiarazione di guerra".
Il mio sarà il ministero "dell'antirazzismo e dei diritti umani", ha aggiunto il penalista, noto per aver difeso il fondatore di WikiLeaks Julian Assange e Abdelkader Merah fratello del terrorista Mohammed, e per essere riuscito ad ottenere un gran numero di assoluzioni. Tra i suoi clienti figura anche un ex membro del governo francese accusato di stupro. La promotrice della legge, approvata nel 2018, contro le violenze e le molestie in strada, Marlene Schiappa, che nel precedente governo ricopriva l'incarico di ministro per l'Uguaglianza di genere, è stata sostituita e lavorerà con il neo ministro dell'Interno Gerald Darmanin.
Darmanin è sotto indagine preliminare per un'accusa di stupro. L'ufficio di Macron ha affermato che questo non rappresenta "un ostacolo" alla sua designazione, nonostante l'incarico preveda la supervisione sulla polizia. L'indagine si basa su una denuncia sporta da una donna nel 2017 che afferma che Darmanin l'avrebbe violentata quando ha cercato aiuto legale da lui nel 2009. Il neo ministro ha respinto le accuse affermando che l'incontro fu consensuale e ha fatto causa alla donna per calunnia. "Macron sta inviando un messaggio forte e violento a tutta la società e alle donne: sta togliendo legittimità alle parole di tutti coloro che hanno avuto la forza e il coraggio di parlare della violenza che hanno subito", hanno scritto gli organizzatori della protesta in un appello online. I manifestanti si sono riuniti prima sotto al ministero dell'Interno chiedendo a gran voce le dimissioni dei ministri e poi si sono radunati davanti al ministero della Giustizia per una simbolica "sepoltura" delle promesse fatte da Macron che avrebbe fatto della lotta alla violenza sessista il cavallo di battaglia della sua presidenza.