Il generale Qassem Soleimani era considerato un'icona della rivoluzione islamica e, con il passare del tempo, sembrava destinato nel prossimo futuro ad assumere cariche importantissime nello Stato iraniano. Al momento in cui è stato ucciso da un drone statunitense, si stava occupando dei dossier più delicati della politica estera dell'Iran, dalla Libia all'Iraq, dalla Siria al Libano. Veniva etichettato come un nemico acerrimo degli Stati Uniti e proprio per questo il presidente Donald Trump ha deciso di eliminarlo, togliendolo dalla scena internazionale ma di fatto aprendo un nuovo fronte rovente in Medio Oriente. Perché è ovvio che l'assassinio di Soleimani inaugura una nuova stagione di sangue e di odio, di reazioni e di vendette.
Il generale più prestigioso dell'esercito iraniano, soprannominato 'comandante ombra', era nato nel 1957 a Rabor da una famiglia contadina e aveva trascorso buona parte della sua infanzia in montagna, anche se a 13 anni lavorava già come impiegato in una compagnia che si occupava di gestione idrica. Ma nel 1979, a 22 anni, si era unito come volontario alle Guardie Rivoluzionarie che si dovevano occupare di garantire all'ayatollah Khomeini la forza per rovesciare lo Shah Reza Palhavi e andare al potere. Il suo carattere introverso e la sua predisposizione per il decisionismo gli spianarono la strada nell'esercito. La svolta militare avvenne nella lunga guerra che contrappone l'Iran all'Iraq, quando venne messo a capo delle forze Al Quds, l'elite delle truppe iraniane. La sua popolarità si impennò solo nel 2003, contemporaneamente all'invasione americana in Iraq, quando i funzionari statunitensi iniziarono a richiedere la sua uccisione. "Il fronte di guerra è il paradiso perduto dell'umanità", aveva detto in una intervista.
Il generale Soleimani aveva tenuto i rapporti con Hezbollah, la macchina da guerra degli sciiti libanesi, e aveva sostenuto il regime di Bashar Assad. Soprattutto, non c'era angolo del Medioriente dove non avesse in qualche modo messo lo zampino. Per questa ragione la sua vita era in pericolo e più volte era stato dato per morto. In realtà, era sempre riuscito a cavarsela, compreso nel 2012 quando non riportò nemmeno un graffio negli attentati contro il gotha siriano. Stavolta no, stavolta il missile sganciato dal drone a stelle e strisce non gli ha lasciato scampo. Con tutte le conseguenze che la sua morte porterà.