Bolivia, Maradona al fianco di Morales: a La Paz rischio guerra civile

"E' una brava persona che ha sempre lavorato per i più poveri”, ha scritto su Instagram il Pibe de Oro parlando dell'ormai ex presidente boliviano

Chi è stato al fianco di Fidel Castro e si vantava della sua amicizia, chi si è tatuato l'effigie del Che Guevara, chi ha difeso Hugo Chavez strenuamente, insomma chi ha fatto tutto questo poteva perdere l'occasione di schierarsi con Evo Morales? La risposta è pleonastica, non a caso Diego Armando Maradona ha subito manifestato il suo appoggio per l'ormai ex presidente della Bolivia attraverso uno dei social più in voga, Instagram. “Mi rammarico per il colpo di stato orchestrato in Bolivia, in particolare per il popolo boliviano e per Evo Morales, una brava persona che ha sempre lavorato per i più poveri”, la didascalia dal contenuto inequivocabile sotto una foto che ritrae Evo e il Pibe de Oro insieme, sorridenti.

 

 

Del resto, non è una novità la 'vicinanza' di Maradona a Morales, con il quale si era congratulato per il successo al primo turno nelle elezioni, successo poi contestato dalle opposizioni per presunti brogli. Nel 2008, Dieguito aveva appoggiato la protesta dei giocatori boliviani che rivendicavano il diritto a disputare le partite a La Paz, situata a 3600 metri d'altezza e 'indigesta' per gli avversari. Insomma, il legame è antico e forte; in fondo, Maradona – attualmente allenatore del Gimnasia La Plata – appena può si erge a paladino del Sudamerica più povero e abbandonato, riesumando l'orgoglio per le sue origini umilissime.

Intanto a La Paz la situazione è tutt'altro che tranquilla, la fuga di Morales in Messico (dove ha ottenuto asilo politico perché secondo le autorità sarebbe stato vittima di un colpo di stato) per ora non ha sedato il malumore. Il rischio di guerra civile è alto, i media locali riferiscono di una riunione avvenuta a El Alto, grande quartiere popolare della capitale, da parte dei sostenitori dell'ex presidente con la promessa di scatenare reazioni violente. La guerra civile, appunto. In questa situazione di vuoto politico e istituzionale (oltre a Morales si sono dimessi il vicepresidente Alvaro Garcia Linera, i presidenti di Camera e Senato, il presidente della Camera Alta), con l'esercito che sta prendendo il potere, diventa complicato immaginare uno sbocco pacifico. Tra l'altro anche il ministro della Difesa, Javier Zavaleta, si è dimesso perché, ha spiegato, "il compito del mio ministero e quello del capo delle forze armate è sempre stato quello di preservare il ruolo dell'esercito a favore del popolo".

L'endorsement di Donald Trump – a sentire il quale ora "la democrazia è in salvo" – non ha agevolato il rasserenamento degli animi. Il Mas controlla i due terzi di Senato e Camera, per ottenere un passaggio di consegne 'costituzionale' c'è bisogno della sua presenza in Parlamento, altrimenti continuerà a regnare il caos. Ma deputati e senatori hanno paura a lasciare le proprie abitazioni mentre per le strade la furia dei contestatori non risparmia nessuno. La Paz è una città fantasma, tutti gli esercizi commerciali sono chiusi, come le banche e i mercati, il pericolo di saccheggi è elevato. Il paradosso è che la Bolivia fino a ieri era la locomotiva dell'America Latina con un tasso di crescita del Pil superiore al 4%. Adesso è 'anticamera dell'inferno.