Domenica il ballottaggio. Secondo l'ultimo sondaggio dell'istituto Datafolha di giovedì, l'ex comandante dell'esercito del Partito social-liberale (PSL) vincerà. Se così fosse, il più grande Paese dell'America latina sarebbe guidato per la prima volta da un capo di Stato d'estrema destra
Dopo una campagna elettorale avvelenata e divisiva, il Brasile sceglierà domenica il suo nuovo presidente. Dal primo turno del 7 ottobre, al ballottaggio sono approdati il candidato dell'estrema destra Jair Messias Bolsonaro e quello del Partito dei lavoratori, Fernando Haddad. Secondo l'ultimo sondaggio dell'istituto Datafolha di giovedì, l'ex comandante dell'esercito del Partito social-liberale (PSL) vincerà, sebbene il divario con l'accademico ex sindaco di San Paolo si sia ridotto. Il vantaggio è sceso in una settimana da 18 punti percentuali a 12: Bolsonaro è al 56%, Haddad al 44%. Se Bolsonaro conquistasse il mandato di quattro anni al Planalto, il più grande Paese dell'America latina sarebbe guidato per la prima volta da un capo di Stato d'estrema destra, nostalgico della dittatura che ha schiacciato il Brasile dal 1964 al 1985 e dichiaratamente favorevole alla tortura.
La tensione ha pervaso il Brasile per tutta la rovente campagna elettorale, con picchi su cui si sono accesi i riflettori dei media di tutto il mondo. Tra questi, la decisione della giustizia di dichiarare ineleggibile l'ex presidente e fondatore del PT Luiz Inacio Lula da Silva, perché condannato in secondo grado per corruzione. All'inizio di settembre, poi, Bolsonaro è stato accoltellato a un comizio, riportando ferite che lo hanno trattenuto in ospedale per tre settimane.
La cronaca nazionale è stata costellata anche di casi di violenza tra gli elettori. Un uomo a Salvador da Bahia è stato ucciso con 12 coltellate, dopo che ha dichiarato di votare per Haddad. Una 19enne ha invece denunciato che sostenitori di Bolsonaro le hanno inciso una svastica sul ventre, perché aveva sugli abiti adesivi con la scritta '#EleNao' (lui no) contro l'ex militare. Il 63enne è stato etichettato dall'Economist 'L'ultima minaccia dell'America latina'.
Leader della chiesa evangelica, tra i cui fedeli gode di ampio seguito, è guardato con paura e sospetto da ampie parti della società brasiliana e dall'estero. Nazionalista, omofobo, misogino e razzista, è favorevole alla liberalizzazione delle armi e usa una retorica incendiaria, per cui si è guadagnato anche il soprannome di 'Trump brasiliano'. In Brasile i suoi sostenitori lo chiamano il 'mito', i detrattori 'Bolsonazi' e 'il coso'. La sua intolleranza e l'elogio della violenza spaventano, in un Paese che, oltre a essere da pochi anni uscito dalla dittatura, conta ogni anno più di 60mila omicidi, ed è affetto da corruzione endemica e incertezza economica. Nonostante sia deputato da 27 anni, Bolsonaro si propone come politico anti-sistema e promette di risollevare il Paese, mentre molti analisti vedono in lui l'incarnazione della crisi seguita a 13 anni di governo PT, finiti con la destituzione nel 2016 della presidente . Haddad 'tranquillone' non è riuscito, nella sfida con lui, a catturare i sostenitori di Lula, che nei sondaggi all'inizio della campagna elettorale risultava vittorioso con un sostegno di circa il 40%.