Il caso si sta trasformando in una crisi diplomatica internazionale. Trump: Se sarà dimostrata la responsabilità dell'Arabia Saudita ci saranno conseguenze molto serie
La scomparsa, o presumibilmente, la morte del giornalista saudita Jamal Khashoggi si sta trasformando in una crisi diplomatica internazionale. A 16 giorni dalla sua sparizione a Istanbul e senza risposte credibili sulla sua sorte da parte della monarchia, in queste ore i governi occidentali si sono trovati costretti a prendere le distanze da Riyad, con il risultato che la 'Davos del deserto', il summit organizzato dal principe saudita Mohammed bin Salman per invitare a investire in Arabia Saudita, sta assistendo a numerose defezioni. Dopo quelle dei ministri economici di Regno Unito, Francia e Olanda è arrivata l'ultima, la più pesante, quella del segretario al Tesoro statunitense, Steven Mnuchin: la decisione di un passo indietro è arrivata dopo l'incontro del segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, con il presidente Donald Trump all'indomani della spedizione del capo della diplomazia Usa da re Salman per essere aggiornato sulle indagini. Il presidente stesso ha affermato di ritenere che il giornalista sia morto e ha avvertito che se sarà dimostrata la responsabilità dell'Arabia Saudita ci saranno "conseguenze molto serie". Pompeo ha dato 72 ore di tempo al principe saudita per completare la sua inchiesta sull'uccisione dell'editorialista del Washington Post critico con Riyad "se non vuole mettere a rischio la reputazione del regno nel mondo". Il segretario di Stato Usa ha sottolineato l'importanza di agire in tempi brevi, ponendo una scadenza, a causa della crescente pressione internazionale sulla vicenda.
Le indagini proseguono infatti a rilento, tra depistaggi, smentite e illazioni. Secondo quanto riporta il quotidiano turco Yeni Safak, uno dei 15 sauditi presumibilmente coinvolti nel caso sarebbe morto in un "incidente d'auto sospetto" a Riyad. Si tratta di Mashal Saad al-Bostani, 31 anni, tenente dell'aviazione saudita che avrebbe fatto parte dei 15 sospetti arrivati in Turchia dall'Arabia Saudita il 2 ottobre (giorno della scomparsa di Khashoggi dopo il suo ingresso nel consolato saudita a Istanbul) e che ripartirono il giorno stesso. Secondo le autorità turche, infatti, il giornalista è stato ucciso all'interno del consolato. Un editorialista di Hurriyet, Abdulkadir Selvi, scrive oggi che il console saudita a Istanbul, Mohammad al-Otaibi, potrebbe essere "la prossima esecuzione" dal momento che il principe ereditario "farebbe di tutto per disfarsi delle prove".
Secondo il New York Times, inoltre, le autorità saudite stanno pensando di accusare un alto funzionario dell'intelligence, vicino a Mbs: si tratta del generale Ahemd al-Assiri. Incolpare al-Assiri, spiega il quotidiano, potrebbe anche fornire una spiegazione plausibile per la morte del giornalista, e potrebbe aiutare a sviare la colpa dal principe ereditario, che gli 007 americani sono sempre più convinti sia il vero mandante della scomparsa di Khashoggi.
Le ong intanto sollecitano un'indagine indipendente dell'Onu. Ma il Palazzo di Vetro frena: ci sarà solo "se tutte le parti coinvolte lo chiedono o se c'è un mandato legislativo da parte di un organo delle Nazioni Unite".
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