Lo stato dell'Unione, la crisi migratoria, l'Ungheria e la Brexit nell'ultimo intervento da presidente alla Plenaria dell'Europarlamento a Strasburgo
Pochi concetti ma molto chiari. Jean Claude-Juncker, nell'ultimo discorso sullo stato dell'Unione alla Plenaria di Strasburgo, ha scelto la strada della sintesi. Prima di 'sfiorare' il bilancio della sua gestione ("non farò una stima precisa di cosa abbiamo fatto in questi quattro anni"), il presidente della Commissione europea ha voluto scolpire nella pietra alcuni comandamenti: "Rispettiamo la Ue, non sporchiamo la sua immagine. Dobbiamo difenderla. Dobbiamo dire sì al patriottismo e no al nazionalismo che detesta gli altri e cerca di distruggerli", l'incipit di Juncker.
E se è vero che la Commissione "è solo un episodio", vale a dire un momento nella "lunga storia della Ue", è altrettanto innegabile che il lavoro deve ancora continuare per renderla "più perfetta". E alcuni 'colpi' li ha dedicati (seppur non esplicitamente) anche all'Ungheria di Viktor Orban, su cui il Parlamento europeo ha dato il via libera alle sanzioni. "L'Europa deve restare un continente aperto e tollerante, non sarà mai una fortezza che volta le spalle al resto del mondo e alle zone in sofferenza. Deve restare un continente multilaterale, perchè appartiene a tutti e non soltanto a pochi". E le sanzioni? Assolutamente sì, "dove lo stato di diritto è in pericolo".
Juncker, ormai al passo d'addio, ha voluto lasciare in eredità un inno alla speranza. Insomma, bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto: "Dopo 10 anni l'Europa ha saputo voltare pagina sulla crisi economica. Da 21 mesi la crescita è ininterrotta, abbiamo creato 12 milioni di posti di lavoro, gli investitori sono tornati da noi". Il punto, però, è che "l'Europa deve avere una sola voce per potersi imporre, compatta. Bisogna lavorare per avere un'Europa più unita e forte", il messaggio lasciato a chi raccoglierà il suo testimone.
A maggio 2019 ci saranno le elezioni, l'Europa ha otto mesi per consolidare ulteriormente la leadership mondiale. L'euro può essere la chiave giusta: "E' diventata la seconda valuta al mondo dopo il dollaro e deve diventare lo strumento attivo della nuova sovranità europea". A proposito di sovranità, Juncker non si è lasciato sfuggire l'occasione per bacchettare la Gran Bretagna: "Accettiamo ma deploriamo la decisione di lasciare l'Unione europea, anche se dopo marzo 2019 il Regno Unito non sarà mai un paese terzo ma resterà un partner per sicurezza e questioni economiche", ha sottolineato.
I confini, a cominciare da quello dell'Irlanda, sono un tema caldissimo per Juncker. Il quale ha preso una posizione netta esplicitando la necessità di "nuove norme" per lottare contro la propaganda terroristica e di un "rafforzamento della guardia frontiera e dei guardacoste europei" con un aumento delle unità schierate fino a 10mila entro il 2020 e con l'intento di rafforzare Frontex. In più, Juncker ha avanzato l'idea del rimpatrio per gli immigrati irregolari e di "aprire vie di immigrazioni legali verso l'Europa".
Su questo tema si è innescato il problema dei Balcani, un problema delicatissimo: "Dobbiamo definire il nostro atteggiamento nei confronti della loro adesione", ha spiegato. Quanto all'Africa, Juncker ha proposto una alleanza Europa-Africa: "L'Africa non ha bisogno di carità" ma con nuovi accordi commerciali si possono creare almeno 10 milioni di posti di lavoro.
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