Israele ha raggiunto, e poi annullato, un accordo con l'agenzia Onu per i rifugiati in base al quale ha cancellato il controverso piano per l'espulsione di migranti africani e l'ha sostituito con un'intesa che prevede di inviarne oltre 16mila in Paesi occidentali. "Questo accordo permetterà di trasferire da Israele 16.250 migranti verso Paesi sviluppati come Canada, Germania e Italia", ha spiegato il premier israeliano Benjamin Netanyahu, precisando che "l'accordo prevede che per ogni migrante che lascia il Paese ci impegniamo a dare lo status di residenza temporanea a un altro".
Roma e Berlino, però, negano. "Non c'è alcun accordo con l'Italia nell'ambito del patto bilaterale tra Israele e Unhcr per la ricollocazione, in 5 anni, dei migranti che vanno in Israele dall'Africa e che Israele si è impegnata a non respingere", hanno reso noto fonti del Ministero degli Affari Esteri. E Il ministero dell'Interno della Germania assicura di "non essere a conoscenza di una richiesta concreta relativa a una presa in carico di rifugiati che vivono in Israele, in particolare originari di Paesi africani". "La Germania ha rispettato in modo completo i suoi impegni umanitari in questi ultimi anni in materia di accoglienza dei rifugiati e lo farà anche in futuro", aggiunge il ministero dell'Interno tedesco.
"Ho deciso di sospendere l'applicazione di questo accordo e di ripensarne i termini", ha scritto Netanyahu nella notte sulla sua pagina Facebook, spiegando di aver letto attentamente le critiche contro questa intesa.
Il 3 gennaio scorso Netanyahu aveva annunciato un piano in base al quale circa 38mila migranti entrati illegalmente nel Paese, perlopiù eritrei e sudanesi, avrebbero dovuto lasciare il Paese e, in caso di rifiuto, avrebbero rischiato il carcere o espulsioni forzate. Dal momento che Israele riconosceva tacitamente che era troppo pericoloso rimpatriare sudanesi ed eritrei nei loro Paesi di origine, aveva offerto di ricollocarli in altri Paesi africani, secondo i cooperanti Paesi come Ruanda e Uganda, i quali però avevano annunciato che non avrebbero accettato le persone espatriate contro la loro volontà. "Per poterli espellere legalmente, serviva l'accordo di un Paese terzo e quando in queste ultime settimane abbiamo visto che questa opzione non esisteva più abbiamo dovuto trovare un'altra soluzione", ha spiegato Netanyahu.
Il piano aveva attirato le critiche dell'Unhcr e degli attivisti per i diritti umani, nonché dei sopravvissuti all'Olocausto, che sottolineavano come il Paese avesse un obbligo particolare di proteggere i migranti. Dal 4 febbraio le autorità avevano cominciato a notificare ai migranti africani, tramite lettere, che avevano tempo fino alla fine di marzo per lasciare volontariamente Israele. Inizialmente, dunque, la scadenza era stata fissata al 1° aprile, ma il 15 marzo la Corte suprema israeliana aveva sospeso il piano nell'attesa di proseguirne l'esame.
Secondo i dati del ministero dell'Interno, attualmente vivono in Israele circa 42mila migranti, la metà dei quali bambini, donne o uomini con famiglie, i quali non rischiavano però rimpatri a breve. In base al nuovo piano di cinque anni, Israele regolamenterà lo status di coloro che non vengono ricollocati e segnala che sarà consentito loro di restare, almeno in via temporanea. I migranti hanno cominciato a entrare in Israele tramite il poroso confine egiziano nel 2007; da allora il confine è stato rafforzato ed è stato reso quasi ermetico.