"Gli Stati membri Ue dovrebbero decidere da sé se e quanti migranti accogliere". Il nuovo cancelliere austriaco Sebastian Kurz, fresco di insediamento a Vienna lo scorso 18 dicembre, chiarisce senza mezzi termini la sua posizione sulle quote Ue per i ricollocamenti dei migranti in un'intervista alla Bild am Sonntag, l'edizione domenicale del giornale tedesco Bild. "Costringere i Paesi ad accogliere i rifugiati non porta l'Europa avanti" e "se continuiamo così non facciamo altro che spaccare ulteriormente l'Unione europea", afferma.
Kurz, conservatore, 31 anni di cui nove trascorsi in politica, è il capo di governo più giovane d'Europa, e guida un esecutivo composto dal suo partito conservatore Övp e dagli ultranazionalisti del partito Fpö di Heinz-Christian Strache. A suo parere – ha chiarito alla Bild – la discussione sulle quote "non ha senso", perché "i migranti che partono per l'Europa non vogliono andare in Bulgaria o in Ungheria. Vogliono andare soprattutto in Germania, Austria o Svezia". Con queste parole, di fatto, Kurz si schiera con i Paesi Ue che si oppongono alle quote, cioè quelli del cosiddetto Gruppo Visegrad, composto da Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia. Il tutto in un momento in cui l'argomento è tornato a essere oggetto di discussione per il recente scontro sorto fra il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, e la Commissione Ue che il meccanismo delle quote lo ha proposto.
Il meccanismo fu approvato a settembre del 2015: i ministri dell'Interno Ue, contro le resistenze degli Stati membri dell'Est, decisero il ricollocamento sul territorio Ue di richiedenti asilo arrivati in Grecia e Italia in base a un sistema di quote obbligatorie. Da allora le posizioni all'interno dell'Unione europea sono rimaste divise: a settembre la Corte di giustizia europea ha respinto il ricorso che era stato presentato da Ungheria e Slovacchia; e a dicembre la Commissione Ue che ha intentato una causa contro Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca presso la Corte di giustizia europea. Della questione si è poi tornati a discutere in occasione dell'ultimo vertice Ue, che si è svolto il 14 e 15 dicembre scorsi a Bruxelles.
Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, aveva chiesto di porre fine al sistema delle quote, definendole "inefficaci" e divisive; posizione respinta con forza dal commissario Ue all'Immigrazione Dimistris Avramopoulos, che ha definito la proposta "antieuropea". Già da ministro degli Esteri Kurz si era espresso in modo critico nei confronti della cancelliera tedesca, Angela Merkel, per la decisione di aprire i confini della Germania a oltre un milione di migranti in fuga, nel 2015. E da quando si è insediato come cancelliere a Vienna si è allineato alle posizioni dei vicini come Ungheria e Repubblica Ceca nell'opporsi alle cosiddette 'relocation' dei richiedenti asilo, che invece dalla Germania sono sostenute. Per Kurz, piuttosto, bisogna aiutare i migranti nel loro Parsi d'origine, ha spiegato alla Bild. Quando questo non è possibile, allora negli Stati vicini, e "quando anche questo non è possibile dovrebbero essere aiutati in zone sicure nel loro continente" e "l'Ue dovrebbe sostenere questo, forse persino organizzarlo e garantirlo militarmente", ha detto Kurz. Di questo eventuale aspetto militare, tuttavia, non sono chiari i dettagli.