Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, pone fine al programma per i cosiddetti dreamers, cioè i giovani arrivati negli Usa da bambini con i genitori migranti irregolari. Il piano, voluto dal suo predecessore Barack Obama, ha protetto dall'espulsione circa 800mila di questi giovani senza documenti, perlopiù latinoamericani, che si sono registrati fornendo i propri dati alle autorità Usa e hanno potuto fare richiesta di permessi di studio e lavoro.
A dare l'annuncio è stato il ministro Usa della Giustizia, Jeff Sessions: "Un raggiro così aperto delle leggi sull'immigrazione è stato un esercizio incostituzionale dell'autorità dell'esecutivo", ha dichiarato. Il riferimento è al fatto che il Daca (Deferred Action for Childhood Arrivals), questo il nome del programma, fu lanciato da Obama nel 2012 con un ordine esecutivo, dopo che il Congresso non era riuscito ad approvare una legge che avrebbe avviato un percorso per il riconoscimento della cittadinanza ai giovani immigrati senza documenti.
Proteste in tutti gli Stati Uniti: i dreamers sono scesi in corteo a centinaia a Los Angeles, New York, Miami e anche davanti alla Casa Bianca. Proteste sono previste anche a Houston, recentemente colpita dall'uragano Harvey, e in altre città del Texas. E Obama in persona ha fatto sentire la sua voce, tramite un lungo post su Facebook: la decisione dell'amministrazione Trump di abrogare il piano Daca è "sbagliata", oltre che "autolesionista" e "crudele", ha scritto, precisando che "l'azione adottata oggi non è richiesta legalmente. È una decisione politica e una questione morale". Una risposta diretta a Trump, che in una dichiarazione diffusa dopo l'annuncio aveva affermato: "Non sono favorevole a punire bambini, la maggior parte dei quali adesso sono adulti, per le azioni dei loro genitori. Ma dobbiamo anche riconoscere che siamo un Paese di opportunità perché siamo un Paese di leggi". Da Obama, poi, un invito al Congresso, al quale chiede intervenire con "un senso di urgenza morale": "Ora che la Casa Bianca ha passato la sua responsabilità per questi giovani al Congresso, sta ai membri del Congresso proteggere questi giovani e il nostro futuro", dice l'ex presidente Usa. E prosegue: "Unisco la mia voce alla maggioranza degli americani che spera che (i deputati ndr.) accelerino e lo facciano con un senso di urgenza morale che è adatto all'urgenza che questi giovani sentono".
Lo stop al Daca era una promessa elettorale di Trump, presentata come necessità di dare la precedenza agli americani, nell'ambito dello slogan America first. La partita resta però adesso in gran parte aperta e la palla passa al Congresso: da oggi non verranno più accolte nuove richieste di adesione al programma, ma il Congresso avrà sei mesi di tempo, cioè fino al 5 marzo del 2018, per decidere se e come tutelare i circa 800mila beneficiari del piano per i dreamers. Intanto, per come è strutturato il provvedimento, questi giovani potranno continuare a lavorare legalmente negli Usa fino al 2019: è previsto infatti che chi ha attualmente uno status Daca possa rimanere nel programma fino alla scadenza del permesso di lavoro biennale; inoltre chi ha un permesso in scadenza prima del 5 marzo prossimo può richiedere un rinnovo per altri due anni.
Contro la decisione, e per spingere il Congresso a tutelare i dreamers, si sono mobilitati diversi giganti tecnologici della Silicon Valley. Tra questi Facebook, Apple, Google e Microsoft. "È un giorno triste per il nostro Paese. La decisione di porre fine al DACA non è solo sbagliata. È particolarmente crudele offrire 'il sogno americano' a gente giovane, spingerla a uscire dall'ombra e fidarsi del nostro governo, e poi, punirla per questo", ha scritto in un post su Facebook il fondatore di questo social network, Mark Zuckerberg, assicurando che i giovani immigrati sono "amici" e "vicini" che hanno contribuito a migliorare l'economia e le comunità. "Sono profondamente sconvolto dal fatto che 800mila statunitensi, inclusi oltre 250 dei nostri colleghi di Apple, potrebbero essere espulsi dall'unico Paese che hanno chiamato casa", ha affermato il ceo di Apple, Tim Cook, in una lettera inviata ai lavoratori. Il ceo di Google, Sundar Pichai, si è pronunciato con un post su Twitter: "I Dreamers sono nostri vicini, nostri amici e nostri compagni. Questa è casa loro. Il Congresso deve agire ora per difendere il Daca". Dal canto suo il presidente di Microsoft, Brad Smith, ha espresso sul suo blog profonda delusione per la fine di questo programma e ha affermato che una legge che protegga i Dreamers è ora "un imperativo economico e una necessità umanitaria".