I missili sono un segnale di discontinuità con Obama e un messaggio inviato alla Russia e alla Cina, ma "non è ancora un cambiamento fondamentale di politica" dice l'ex presidente dell'Istituto Affari internazionali

La scelta di Donald Trump di bombardare in Siria è una scelta "meno forte di come appare". Rappresenta un segnale di discontinuità con Obama e un messaggio inviato alla Russia e alla Cina, ma "non è ancora un cambiamento fondamentale di politica". E' la lettura della situazione di Stefano Silvestri, ex presidente dell'Istituto Affari internazionali, che ha guidato per oltre dieci anni.

Questo bombardamento è il primo effetto della rimozione di Steve Bannon dal Consiglio per la Sicurezza nazionale?

"No, credo che questo fosse abbastanza inevitabile. Trump voleva marcare la differenza con Obama e dare anche un avvertimento non solo a Siria e a Russia, ma anche alla Cina per la questione della Nord Corea".

Ma Trump non aveva fatto una campagna elettorale promettendo una politica estera isolazionista?

"Ha detto tutto e il contrario di tutto, non è detto che questa azione rappresenti una svolta".

Gli effetti però dipenderanno dalla reazione russa.

"La Russia protesta e sta zitta. Al massimo questo potrà rendere forse un po' più complicato un accordo con la Russia. Ma i russi già dicono che vogliono ricevere Tillerson (il segretario di Stato Usa, ndr). Il problema vero è cosa succederà in Siria. Sembrava che Trump volesse fare un accordo su Assad. Probabilmente ora non sarà più così".

E qual è il messaggio lanciato dall'Europa?

"L'Europa si è allineata, ha detto che Assad ha fatto in modo di essere bombardato. Una cosa abbastanza vera".

Quindi cosa ci dobbiamo aspettare?

"E' una prima mossa piuttosto ardita di Trump ma è meno forte di come appare. Ha avvisato anche siriani e russi che avrebbe attaccato. Non è ancora un cambiamento fondamentale di politica estera".

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