Una giovane musulmana che lavorava nel Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, Rumana Ahmed, ha prestato solo otto giorni di servizio da quando Donald Trump si è insediato alla presidenza Usa perché si è dimessa in senso di protesta contro il 'travel ban' imposto da Trump, che prevedeva il divieto di ingresso nel Paese per i cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana. In una lettera aperta resa pubblica da The Atlantic, Ahmed ha raccontato la sua esperienza di donna che porta l'hijab, cioè il velo, nella prima settimana di presidenza del magnate, dopo sei anni di lavoro sotto il mandato del presidente Usa Barack Obama. Nel 2011 era stata ricercatrice nella residenza presidenziale; un anno dopo, a seguito della laurea, aveva cominciato a lavorare con diverse comunità, tra cui quella musulmana, nell'Ufficio di partecipazione pubblica; infine nel 2014 aveva cominciato il lavoro al Consiglio di sicurezza nazionale.
Ahmed spiega di avere riflettuto se restare nel governo Usa dopo i commenti di Trump contro i musulmani in campagna elettorale, l'aumento degli attacchi islamofobi e la vittoria alle elezioni, ma racconta che aveva l'opzione di restare dal momento che non si tratta di una designazione politica. "Alcuni dei miei colleghi e leader della mia comunità mi hanno incoraggiata a restare, mentre altri hanno espresso preoccupazione per la mia sicurezza. Ottimista con cautela e sentendo la responsabilità di provare ad aiutare con il nostro lavoro e di essere ascoltati, ho deciso che il Consiglio di sicurezza nazionale di Trump poteva guadagnare con una musulmana di colore e con l'hijab", spiega. Aggiungendo tuttavia che il 'travel ban' imposto da Trump è stato il punto di svolta in cui ha capito che non poteva continuare a lavorare per un governo che considerava lei e altri "non come concittadini ma come una minaccia". I genitori di Rumana Ahmed emigrarono negli Stati Uniti dal Bangladesh nel 1978.