Un soldato israeliano che aveva sparato a morte un palestinese, già ferito e inerme, è stato condannato oggi in uno dei processi che più hanno diviso nella storia dello Stato ebraico. Centinaia di manifestanti di estrema destra hanno manifestato in strada a Tel Aviv, a difesa del giovane sergente Elor Azaria. Negli ultimi mesi, la famiglia di Azaria e diversi politici avevano criticato l'esercito per aver portato il soldato a processo. I vertici delle forze armate, d'altra parte, avevano sottolineato che non è accettabile violare le regole di condotta e sparare a freddo ad una persona inerme.
La corte militare, formata da tre giudici, ha respinto gli argomenti degli avvocati di Azaria secondo cui il militare avrebbe agito per legittima difesa. "Non si può usare questo tipo di forza, anche quando stiamo parlando della vita del nemico – ha detto la corte nel suo verdetto -. Noi condanniamo unanimemente l'accusato per omicidio e per non aver seguito le regole di condotta". La sentenza vera e propria, comunque, verrà depositata tra un mese, e potrebbe prevedere una pena massima di venti anni di carcere. Diversi politici di destra, definendo Azaria "figlio di ognuno di noi", hanno già invitato il presidente israeliano, Reuven Rivlin, a concedere la grazia al soldato 20enne. Anche Il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è detto favorevole alla grazia.
Già poco dopo l'uccisione, un video che mostrava il soldato Azaria sparare alla testa del palestinese – mentre questi era disteso ferito sull'asfalto – era stato diffuso ai media da un'ong, suscitando clamore e critiche. "Merita di morire", avrebbe detto Azaria ad un commilitone, secondo quanto dichiarato dal suo superiore. Inoltre, a parere del capo dei giudici, colonnello Maya Heller, il giovane militare avrebbe sparato al palestinese, Abdel Fattah al-Sharif, perché quest'ultimo avrebbe pugnalato un compagno d'armi di Azaria, ferendolo.
L'uccisione risale al 24 marzo del 2016, nella cittadina di Hebron, che in Cisgiordania è uno dei tristi simboli di incomprensione e scontri fatali. Le parole del soldato sul palestinese ("merita di morire"), poi usate contro di lui, sarebbero state pronunciate tre giorni dopo l'uccisione, il 27 marzo. La tesi della legittima difesa, usata dai legali di Azaria, si basava sull'idea che il palestinese poteva avere addosso un giubbotto esplosivo. Tale tesi è stata smontata già in aprile: il giubbotto di al-Sharif era indossato perché faceva freddo. Per il soldato, poi, le cose si sono ulteriormente complicate quando è emerso che il pugnale del palestinese era a quattro metri dal suo corpo. Per di più, Azaria aveva spedito un sms al padre in cui diceva di essersi assicurato di aver ucciso al-Sharif.
Tanto il ministro della Difesa, Moshe Yaalon, quanto il premier Netanyahu, avevano condannato il comportamento di Azaria, sottolineando che il giovane aveva violato il codice etico dell'esercito dello Stato ebraico.