"Raúl è una persona diversa da Fidel: continuerà le riforme, e avvierà Cuba verso una trasformazione democratica". Sono le parole di Juanita, sorella minore di Fidel e Raúl Castro, che vive a Miami dopo aver lasciato Cuba negli anni Sessanta, in un'intervista pubblicata a La Stampa. "Io e Fidel eravamo molto distanti per ragioni ideologiche e politiche, però era mio fratello, il mio sangue", ricorda, criticando poi chi ha festeggiato la morte dell'ex presidente cubano. Le feste, afferma, sono "inaccettabili e non necessarie. Io non godo per le disgrazie o la morte di nessuno: non è un comportamento cristiano, o umano". Poi un ricordo dell'infanzia. Fidel, spiega, era "il mio miglior amico. Eravamo una famiglia felice e numerosa, cresciuta nell'amore di nostro padre. Non ci mancava nulla. Averla persa è il più grande rimpianto della mia vita". Juanita prima appoggiò la rivoluzione perché, spiega, "era giusta. Cuba viveva sotto una dittatura opprimente, e la gente soffriva". Poi però la abbandonò perché "Fidel non ha mantenuto le promesse. In parte lo ha fatto, ma il prezzo da pagare è stato troppo alto. Ho rotto con lui quando è diventato comunista e si è alleato con Mosca. Credo lo abbia fatto solo perché pensava che l'Urss lo avrebbe aiutato a durare, e ha avuto ragione, perché così è rimasto al potere mezzo secolo".
La scelta di andarsene arrivò negli anni Sessanta. "Collaborai con la Cia per tre anni, aiutavo i dissidenti a fuggire, ma poi dovetti scappare anche io", ricorda la sorella di Castro, secondo cui per il futuro di Cuba ora serve "un governo che indichi un cammino comune, senza più odio, persecuzioni, tragedie, esodi. Tutto si può fare, dopo l'apertura compiuta dal presidente Obama". "Il ristabilimento delle relazioni – conclude – indebolisce il regime, non lo rafforza, e apre una prospettiva di pace e democrazia. Spero solo che Trump lo capisca e non faccia il pazzo".