Il mullah Akhtar Mohammad Mansour, ucciso in un attacco Usa in Pakistan, è diventato il leader dei talebani dopo la conferma della morte nel luglio 2015 del fondatore del gruppo, mullah Mohamed Omar detto 'il guercio' perché cieco da un occhio, di cui era stato vice. Proveniva dall'influente clan Ishaqzai della tribù Durrani dell'etnia Pashtun. Era nato intorno al 1965 nel villaggio di Kariz, nel distretto Maiwand della provincia di Kandahar, zona politicamente e culturalmente al centro del potere dei Pashtun in Afghanistan.
Mansour si unì ai talebani nel 1995, un anno dopo la fondazione, entrando subito nella leadership. Prima di arrivare al vertice, aveva agito come capo facente funzione del movimento facendo le veci del predecessore, fondatore e guida spirituale. In queste vesti avrebbe autorizzato la diffusione di periodiche dichiarazioni del mullah Omar tramite il sito web ufficiale dei talebani, anche dopo che 'il guercio' era ormai morto. Ciò creò dispute all'interno della leadership del movimento estremista.
Uno dei più stretti collaboratori di Mansour è stato Sirajuddin Haqqani, comandante operativo militare della rete Haqqani, con cui ha conquistato la fiducia di Jalaluddin Haqqani, leader della rete considerata tra i più potenti gruppi antigovernativi in Afghanistan e bollata come gruppo terroristico dagli Usa.
Di lui, al di là degli incarichi come combattente, non si è mai saputo molto. Aveva studiato in una madrassa nel villaggio di Jazolai, nel distretto Nowshera della provincia pakistana di Khyber-Pakhtunkhwa. Per un breve periodo aveva combattuto contro le forze sovietiche in Afghanistan, parte di un ex gruppo paramilitare. Dopo l'ingresso nei talebani, gli era stato assegnato un ruolo nella sicurezza a Kandahar, poi il ministero dell'Aviazione civile negli anni dei talebani al potere, tra il 1996 e il 2001. Salì sempre di più nella scala gerarachica del gruppo, sino ad arrivare al vertice.
Il 4 dicembre scorso diverse fonti talebani affermarono fosse stato gravemente ferito o addirittura ucciso in una sparatoria tra vari leader del gruppo estremista. Ma un portavoce aveva smentito e il giorno successivo i talebani avevano diffuso una registrazione audio che affermavano fosse della voce del loro leader. Nell'audio veniva negata la notizia del ferimento o del decesso: "Io sono in mezzo al mio popolo. Questo incidente non è mai avvenuto e non è vero. Questa è la propaganda del nemico".