Parte dell'establishment repubblicano, tra cui gli stessi Bush padre e figlio, potrebbe addirittura scegliere di votare per Hillary Clinton nelle presidenziali di novembre, ritenendo Donald Trump un candidato troppo imperfetto e concentrandosi nelle elezioni del Congresso e nelle varie tornate elettorali locali, dove storicamente il partito ha molto potere. E' la strategia che, secondo Alexander Stille giornalista americano e docente di giornalismo presso la Columbia University intervistato da LaPresse, potrebbero scegliere molti repubblicani all'indomani delle primarie in Indiana che, con il ritiro di Ted Cruz e John Kasich, hanno lasciato il magnate newyorkese come unico possibile candidato alla nomination presidenziale.
Trump sarà quindi il candidato repubblicano o l'estabilishment cercherà di ribaltare il risultato durante la convention di luglio?
Sarebbe molto difficile a questo punto. Non vedo come possano fare perchè significherebbe esautorare la democrazia del sistema delle primarie e questo creerebbe una spaccatura, una guerra civile a destra che sarebbe assolutamente suicida. Per cui credo che i leader di partito, che non amano Trump, stiano pensando a un'altra strategia.
Quale?
I repubblicani si dividono in due gruppi. Ci sono coloro hanno deciso di appoggiare Trump, seppur con molte riserve, considerandolo comunque il capo del partito e sperando che, in caso di vittoria, il suo governo vada meglio di quanto si pensi. Poi c'è il gruppo di coloro che si asterr?nno dal voto o che appogger?nno Hillary Clinton. Penso agli elettori vicini ai Bush, per esempio. è una strategia: credono che Trump sia un candidato troppo imperfetto per vincere la presidenza degli Stati Uniti e hanno deciso di concentrarsi sulle elezioni della Camera dei Deputati e del Senato, sulle varie elezioni locali, dove il partito repubblicano ha molto potere. Nel frattempo in quattro anni in cui cercheranno un candidato migliore.
E' in questo senso che ci colloca la decisione dei Bush di restare in silenzio durante la campagna? Come se non appoggiassero Trump?
C'è un certo disagio nel partito. Perché queste elezioni hanno dimostrato che ci sono tre anime all'interno dei repubblicani: quella più populista, quella evangelica, più religiosa, più conservatrice (che sarebbe quella di Cruz). E poi c'è l'anima tradizionale, dell'estabilishment, quello della famiglia Bush, che ha governato per anni e che ha creato malcontento…
Ma chi fa parte di questo cosiddetto establishment?
Il partito repubblicano tradizionalmente è il partito degli industriali. Il partito della finanza, dei ceti più alti. Dentro ci sono tutti i leader del partito: i Bush, ma anche, per dare un'idea, il leader della maggioranza repubblicana alla Camera, Kevin McCarthy, o John Boehner, che è stato il capo dei Deputati nel Congresso. Per loro, la politica economica è la cosa più importante. Fino a quando, con la crisi del 2008, il banco è saltato.
E le altre due anime del partito hanno iniziato a far sentire la loro voce?
Esattamente. La ribellione che ha portato alla vittoria di Trump è stata la ribellione contro i grandi accordi commerciali come quello con i Paesi del Pacifico in discussione ora. L'elite dei partiti, in questo caso sia democratici sia repubblicani, ha sottovalutato il dolore sofferto dai ceti medio-bassi in questa fase di riassetto economico dopo la crisi. Sono i lavoratori che si sono sentiti abbandonati dal partito tradizionale dei lavoratori, quello democratico, che ha speso molte energie per difendere i diritti degli altri: dei neri, delle donne, degli omosessuali. Dall'altra parte, il partito repubblicano opera esattamente nella direzione opposta a quella della difesa dei diritti della classe media. E predomina quindi il candidato anti-sistema.
E questo disagio dei ceti medi si è visto anche nel caso di Hillary Clinton, grande favorita che ora sembra aver perso smalto?
Esattamente. Il 'fenomeno Sanders' è frutto dello stesso disagio. Soltanto con un elettorato diverso. In campo democratico sono persone più giovani, forse più istruite, più liberali, che hanno davanti un futuro molto più insicuro, ad aver scelto il candidato fuori dalle logiche di potere.
Bernie Sanders è stata la risposta all'insoddisfazione, alla frustrazione verso lo status quo.
Le pensa che le presidenziali le vincerà Clinton?
Francamente la logica dice così. Ci sono varie ragioni che sono favorevoli alla candidatura di Clinton: anche demograficamente i democratici godono di un grande vantaggio. Trump in particolare è riuscito ad allontanare da sé intere categorie di persone: gli ispanici, i musulmani, gli immigrati in genere, le donne. D'altro canto Hillary non è un candidato meraviglioso.
Non è carismatica. Non è particolarmente amabile. Nella situazione attuale, comunque, direi che la situazione sembra favorire Hillary. Ma non ci giurerei.