A un anno di distanza dal terremoto che ha sconvolto il Nepal, dopo la risonanza mediatica mondiale della tragedia, la ricostruzione ha subito un rallentamento drastico. Le condizioni climatiche estreme in inverno rendono gli interventi sempre più complicati e il blocco della frontiera con l'India, durato da settembre 2015 a febbraio 2016 ha privato il Paese di beni di prima necessità, tra cui medicinali e benzina.
"Il mondo non può abbandonare il Nepal in questo momento", ha detto a LaPresse Stefania Morra, volontaria di Azione contro la Fame, onlus presente sul posto già dal 2011. "Migliaia di persone vivono ancora nei campi per sfollati, tra condizioni igienico-sanitarie pessime".
Quando è arrivata, che situazione ha trovato a Katmandu?
Sono partita a giugno del 2015, un mese e mezzo dopo il terremoto e la risposta di Azione contro la fame si è concentrata in sette dei quattordici distretti maggiormente colpiti dal sisma. La risposta alla prima emergenza era già in corso perché eravamo presenti in Nepal dal 2011. Questo ha permesso di intervenire e rispondere in tempi brevi. Quando sono arrivata le distribuzioni di kit igienici, materiali in plastica per offrire un ripario provvisorio erano in corso. La situazione era molto difficile ma si doveva procedere per evitare che la situazione degenerasse: tra giugno e luglio in Nepal è la stagione dei monsoni e delle piogge. I fattori climatici hanno reso difficile procedere con gli aiuti.
Oggi, a un anno di distanza, cosa manca e cosa è stato raggiunto?
La fase di transizione dalla prima fase di emergenza alla ricostruzione ha subito un rallentamento. C'è stato un impatto positivo, la situazione dei sopravvissuti è migliorata, grazie a sforzi congiunti. Ma resta molto da fare, la fase di ricostruzione ha subito rallentamenti. Migliaia di persone vivono nei campi di sfollati e ci sono situazioni precarie e di incertezza. Il focus dei nostri interventi resta la sicurezza alimentare. I due terzi degli abitanti vive di agricoltura e quest'anno si prospetta un raccolto molto scarso. Le persone colpite dal terremoto hanno avuto bisogni molto più urgenti e non si sono potuti dedicare ai campi. Abbiamo avviato attività per il rilancio agricolo, ma abbiamo anche avviato attività di rimozione dei detriti, coinvolgendo la popolazione locale, in cambio di denaro, per creare lavoro.