Regeni, a un mese da scomparsa pesanti dubbi su indagini

Il pm chiede da tempo senza risposte verbali testimonianze, referto autopsia al Cairo, tabulati e filmati

Tra Roma e il Cairo gli investigatori italiani che indagano da tre settimane sull'omicidio di Giulio Regeni fanno i conti con quella che, ogni giorno che passa, sembra diventare una situazione di stallo. I tempi che a Roma ci si era dati per tracciare un primo bilancio delle ricerche fatte sono saltati: in procura ci si preparava ad una riunione da effettuare ieri con gli inquirenti italiani che da tre settimane lavorano in Egitto, mettendo sul tavolo il materiale raccolto dai colleghi egiziani e richiesto attraverso la rogatoria. Il pm Sergio Colaiocco chiede da settimane, e per ora senza risultati i verbali delle testimonianze, il referto dell'autopsia effettuata al Cairo, i dati dei tabulati telefonici, i filmati delle telecamere di sorveglianza della zona nella quale si è mosso Giulio il 25 gennaio prima della scomparsa e gli altri atti del fascicolo aperto dalla procura egiziana. Ad oggi nulla di tutto ciò è arrivato.

LO STALLO DEGLI AGENTI ITALIANI AL CAIRO – Domani saranno tre settimane da che il team interforze di tre agenti dello Sco e tre carabinieri del Ros è arrivato al Cairo per seguire le indagini, due giorni dopo il ritrovamento del corpo martoriato di Giulio. Nonostante le continue rassicurazioni da parte del governo egiziano, che in più occasioni si è detto pronto a collaborare per arrivare alla verità, ai sei investigatori fino a questo momento di fatto non è stato permesso di investigare. I sei seguono, solo quando invitati dall'autorità giudiziaria egiziana, alcuni sopralluoghi e audizioni di testimoni, nulla di più. La procura di Roma attende atti, documenti, video, richiesti da giorni attraverso rogatorie che finora non hanno avuto risultati. Le informazioni trasmesse dagli inquirenti egiziani ai colleghi italiani sul posto sono il più delle volte poche e sommarie. Senza un cambio di passo sarà difficile conoscere la verità sulla morte di Giulio, e per ora la partita che si sta giocando tra Roma e il Cairo è lontana da quella  "collaborazione" promessa tre settimane fa dal governo egiziano.

STUCCHI: DA EGITTO RICOSTRUZIONI CHE FANNO ARRABBIARE – Proprio ieri, l'ultima ipotesi arrivata dall'Egitto sul movente dell'omicidio di Giulio ("un movente criminale o il desiderio di una vendetta personale") è apparsa, e non è la prima volta, poco credibile se non addirittura provocatoria. Dopo la reazione del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, "non ci accontenteremo di una verità di comodo né di piste improbabili", oggi arriva quella del presidente del Copasir, Giacomo Stucchi, che al termine dell'audizione del sottosegretario con delega all'Intelligence Marco Minniti, ha dichiarato:"Arrivano dall'Egitto ricostruzioni fantasiose che fanno arrabbiare, maldestri e inaccettabili tentativi di dare verità di comodo. E' necessario che i nostri poliziotti e carabinieri sul posto ottengano tutte le prove audio e video, nonché notizie sugli ultimi contatti e movimenti di Regeni".

ALL'AMBASCIATA IL SIT IN PER CHIEDERE VERITÀ– Intanto nel pomeriggio di oggi un centinaio di persone ha partecipato al sit in organizzato dall'associazione Antigone e la Colalizione italiana libertà e diritti civili (Cild), per chiedere verità sulla morte del giovane. La manifestazione è durata un paio d'ore, nel corso delle quali una delegazione della quale faceva parte l'avvocato della famiglia di Giulio ha incontrato l'ambasciatore. "Affinché le autorità egiziane non vadano alla ricerca di un capo espiatorio ma dei responsabili veri, anche se questi facessero parte di una catena di comando – sottolinea il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella – ci vogliono la solidarietà, la vicinanza e la pressione di tutti, dai cittadini alle istituzioni".