La possibilità che la cosiddetta 'alleanza internazionale contro il jihadismo' estenda alla Libia i bombardamenti aerei che già compie in Siria e Iraq contro l'Isis è al centro del dibattito politico da settimane. E nonostante nella riunione ministeriale di questa coalizione che si è tenuta recentemente a Roma sia stata scartata un'operazione immediata, gli esperti della regione credono che, se proseguiranno vuoto di potere e dispute fra i governi libici rivali, l'intervento potrebbe concretizzarsi in estate.
Il 26 gennaio il New York Times, in un articolo intitolato 'Apertura di un nuovo fronte contro l'Isis in Libia', rivelava che il Pentagono sta intensificando la raccolta di informazioni di intelligence in Libia perché l'amministrazione Obama sta mettendo a punto dei piani per aprire un terzo fronte nella lotta contro lo Stato islamico oltre a quelli di Siria e Iraq, cioè appunto il fronte libico. Il Nyt parlava di "una campagna militare che dovrebbe includere attacchi aerei e raid da parte dei soldati americani d'elite". Anche ieri Barack Obama è tornato sull'argomento e ha assicurato che insieme agli alleati gli Usa continueranno a tentare di evitare che lo Stato islamico si stabilisca in Libia: "quando vediamo opportunità di evitare che l'Isis si trinceri in Libia, agiamo", ha affermato.
Esperti della sicurezza e analisti nella regione credono che l'ipotesi di un intervento militare sia ancora in una fase preliminare, nonostante la presenza di forze speciali occidentali sul terreno, anche perché è vincolata all'evoluzione del processo di pace che l'Onu sta mediando. Ma questa possibilità preoccupa i vicini Algeria e Tunisia, confinanti con la Libia, che si stanno già mobilitando preparandosi al peggio.
"Ci hanno informato che i libici si preparano a un possibile intervento straniero e a bombardamenti per combattere Daesh (acronimo in arabo che si usa per riferirsi allo Stato islamico)", ha avvertito la scorsa settimana il presidente tunisino, Beji Caid Essebsi. "Mi rivolgo ai miei amici, molto chiaramente, affinché in questa occasione non pensino solo ai loro interessi. Consultiamoci", aveva aggiunto. La Tunisia teme l'arrivo di un fiume di rifugiati, di proporzioni addirittura maggiori rispetto al 2011, quando in Tunisia arrivarono circa un milione di persone. Per questo ha annunciato venerdì scorso di avere già cominciato a prepararsi logisticamente per attutire l'impatto. E sabato 6 febbraio la Tunisia ha inaugurato il muro di 200 chilometri che ha innalzato al confine con la Libia in funzione anti jihadista: una barriera con fossati e sacchi di sabbia pensata per evitare le infiltrazioni di terroristi.
Oltre alla Tunisia è preoccupata anche l'Algeria, Paese ricco di gas e petrolio, che per questo teme di poter diventare obiettivo di estremisti in fuga dai bombardamenti. Ma a differenza della Tunisia, il governo dell'Algeria ammette i timori solo in via ufficiosa, non pubblicamente. "Abbiamo considerato la possibilità che i vertici di Daesh in Libia, che sono due ex alti comandanti militari di Saddam Hussein, si installino in Tunisia per preparare il trasferimento in Algeria. Questo è il trampolino", spiega un analista della sicurezza, che lavora per il ministero dell'Interno tunisino e chiede l'anonimato. L'esperto ricorda che gli estremisti hanno in Tunisia una importante base d'appoggio e che si stima che siano circa 5mila i cittadini tunisini partiti per Siria e Iraq per unirsi allo Stato islamico. "Non bisogna dimenticare che ogni giovane tunisino che si unisce a Daesh ha una famiglia, ma a lungo termine le ricchezze dell'Algeria pesano di più", ha aggiunto.
L'Algeria prova a fare fronte comune con i vicini per gestire la situazione. Il ministro per gli Affari maghrebini, Abdelkader Mesahel, ha proposto domenica ai Paesi vicini di tenere una riunione per cercare un'uscita dalla crisi libica. Dopo avere incontrato ad Algeri il ministro degli Esteri tunisino Khemaies Jhinaoui, il ministro algerino ha suggerito che la riunione si tenga nei prossimi giorni a Tunisi. Nell'incontro di oggi i due hanno esaminato la situazione della sicurezza nella regione, in particolare in Libia, e hanno concordato sulla necessità che si formi quanto prima un governo di unità nazionale in Libia.
In realtà Algeri spera ancora nell'accordo politico, che sembra al momento incagliato sul nodo dell'attribuzione del ministero della Difesa nel futuro governo di unità nazionale. Un primo responso potrebbe arrivare martedì della prossima settimana, data entro la quale il Parlamento di Tobruk dovrebbe riunirsi per stabilire se approvare o meno la proposta di governo di unità nazionale presentata lunedì dal Consiglio di presidenza libico.