A un anno dalla morte di Shaimaa Sabbagh, l'attivista egiziana di sinistra uccisa dai proiettili di gomma esplosi dalla polizia il 24 gennaio 2015 durante una commemorazione del quarto anniversario della rivoluzione di piazza Tahrir, è stata annullata la condanna a 15 anni che era stata imposta all'agente ritenuto responsabile di quella morte.
Il caso di Sabbagh, 32 anni e madre di un bambino, aveva sollevato indignazione e polemiche dopo che sui media era stata pubblicata una foto che la ritraeva nei momenti immediatamente precedenti alla morte, con il viso insanguinato, in braccio a un uomo in ginocchio. Le immagini della giovane che si accasciava erano diventate virali sui social network, facendo della donna un simbolo della repressione delle manifestazioni in Egitto.
Il 24 gennaio del 2015 Shaimaa Sabbagh, insieme ad altri dimostranti, avrebbe voluto deporre una corona di fiori a piazza Tahrir in onore delle vittime morte durante la rivoluzione del 2011 che portò alla caduta di Hosni Mubarak. La manifestazione era stata organizzata dal partito Alleanza popolare socialista, di cui Shaimaa faceva parte, che secondo i documenti ufficiali delle indagini aveva però pianificato l'iniziativa senza la previa notifica, in violazione della legge. Diciassette membri del partito hanno affrontato un processo proprio per avere partecipato a quella manifestazione, ma sono poi stati assolti dalle accuse.
Yaseen Hatem, questo il nome del poliziotto, era stato condannato dal tribunale penale del sud del Cairo a 15 anni di carcere per la morte dell'attivista. L'accusa era di avere compiuto un'azione che ha "portato alla morte" della manifestante, un gradino sotto quella di omicidio volontario ma comunque rara nei confronti di un membro delle forze di sicurezza. Ma oggi la Corte di cassazione egiziana ha revocato quella condanna ordinando che si tenga un nuovo processo.
È stata accolta dunque la linea della difesa, che puntava sul fatto che il poliziotto non avesse intenzione di uccidere la vittima. Per il legale, l'agente ha sparato a terra per disperdere il corteo e se non lo avesse fatto ci sarebbero stati decine di morti e feriti. La difesa del poliziotto ha evidenziato inoltre che la marcia in cui l'attivista è morta si era svolta in "circostanze eccezionali", essendo la vigilia del quarto anniversario della rivoluzione, e che non era stata autorizzata dal ministero dell'Interno.
Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, accusato dai critici nei confronti del suo governo di imbavagliare l'opposizione, aveva risposto all'ira sollevatasi per la morte di Shaimaa riferendosi a lei come "mia figlia" e "la figlia dell'Egitto" e promettendo che i responsabili della sua morte sarebbero stati portati davanti alla giustizia. Molti avevano sperato che la caduta di Mubarak avrebbe portato maggiore libertà in Egitto, ma dopo il golpe del 3 luglio 2013 guidato da al-Sisi con cui fu deposto il primo presidente democraticamente eletto, Mohamed Morsi dei Fratelli musulmani, il governo ha avviato una dura repressione di islamisti e attivisti.