Ue, al via seconda giornata lavori: sul tavolo terrorismo, banche e Russia

Dal nostro inviato Fabio De Ponte

Bruxelles (Belgio), 18 dic. (LaPresse) – Hanno preso il via i lavori della seconda giornata di vertice Ue a Bruxelles. Dopo le sessioni di lavoro di ieri sui migranti e la rinegoziazione della partecipazione del Regno unito all’Ue (l’Europa si è data sei mesi di tempo per decidere sulla polizia di frontiera comunitaria e due per trovare un accordo con Londra), si continua stamane con unione bancaria, terrorismo e Russia. Tra i nodi da sciogliere, in particolare, i dissidi sulle garanzie sui depositi e la proposta del presidente del Consiglio Ue Donald Tusk di estendere di sei mesi le sanzioni a Mosca, entrambi temi sui quali Italia e Germania si trovano su fronti opposti.

VERTICE IN PREDA ALLE DIVISIONI. E’ un Consiglio europeo dominato dalle divisioni quello in corso a Bruxelles. L’ultimo vertice dell’anno, ostaggio di troppi temi (migranti, terrorimo, Brexit, Russia, banche) su cui le alleanze sono a geometrie variabili, sembra destinato a concludersi domani con un documento fatto di tanti impegni e poche decisioni. Sulla proposta della Commissione europea, avanzata alla vigilia, di creare una polizia di frontiera comunitaria, i leader si limitano ad assicurare che si occuperanno di “esaminare rapidamente le proposte”. D’altra parte, i Paesi sembrano andare in ordine sparso, con la Polonia che ha già fatto sapere di essere contraria e la Francia che sottolinea invece soprattutto l’urgenza di provvedere alla creazione degli hotspot previsti. Solo due, infatti, uno in Italia e uno in Grecia, sono operativi al momento sugli undici concordati. Ma Roma non ci sta a essere messa all’indice e il premier Matteo Renzi ribatte che l’accusa all’Italia di non fare a sufficienza è “abbastanza surreale”, assicurando che “da qualche mese non solo stiamo prendendo le impronte digitali ma stiamo anche fotosegnalando”. E annuncia: “Registriamo tutto ciò che facciamo in modo tale che non ci siano dubbi sulle modalità e le procedure”. E poi contrattacca, parlando di “passi avanti un po’ timidi” da parte dell’Europa sulla relocation, che in effetti, stando ai dati della presidenza lussemburghese, è ferma a numeri che rasentano il nulla: finora sono stati concretamente realizzati solo 184 ricollocamenti sui 160mila previsti.

Prima del vertice, a mettere insieme un po’ di teste ci ha provato la cancelliera tedesca Angela Merkel, con una riunione alla quale, oltre ad Austria, Svezia, Olanda, Grecia, Finlandia, Belgio e Lussemburgo, ha preso parte anche la Turchia: presente il premier Ahmet Davutoglu. Nonostante l’intesa con Ankara raggiunta all’ultimo vertice, infatti, quello del 29 novembre, il flusso di migranti in arrivo dalla Turchia e dalla Grecia è solo leggermente diminuito, ha spiegato la presidenza di turno lussemburghese in un documento preparatorio del vertice, in cui si legge che ora siamo a 4mila persone al giorno, contro le 5-6mila di novembre. Perciò l’obiettivo è spingere la Turchia a fare di più. Un incontro che la stessa Merkel ha definito “molto buono”. Ma lo scopo era anche un altro, complementare, già tentato con la stessa formula proprio il 29 novembre: spingere i partner a impegnarsi ad accettare un certo un numero di rifugiati per far partire finalmente i ricollocamenti. Finora però, nonostante gli sforzi, la Merkel non sembra aver portato a casa grandi risultati.

Intanto, anche sulla rinegoziazione richiesta da Londra dei termini di adesione all’Ue – l’altro tema all’ordine del giorno dei lavori di oggi a Bruxelles – la strada appare in salita. Se il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, alla vigilia, aveva mostrato un certo ottimismo, stamane ha sferzato Londra definendo “inaccettabili” alcune delle richieste. Il premier David Cameron, ha usato toni altrettanto duri: “Voglio vedere progressi concreti in tutte le quattro aree che ho citato”. Fonti francesi parlano di un Cameron determinato a ingaggiare una discussione lunga e approfondita. Qualche sostegno sembra averlo raccolto dalla Merkel. E in parte anche dall’Italia: “L’importante è che il Regno unito continui a rimanere nella Ue”, dice Renzi. “E’ molto importante il dibattito aperto da Cameron”, spiega il capo del governo, che offre all’Unione “la possibilità di discutere di una strategia per i prossimi dieci anni”. E cita “idee comuni sui tagli alla burocrazia, sull’economia digitale, sull’innovazione. Su alcune cose – aggiunge però – non concordiamo”. D’altra parte, sia Tusk che Cameron erano stati chiari: l’obiettivo non era quello di arrivare a una intesa oggi, ma di mettere le basi per arrivarci a febbraio.