FOCUS Tunisi il giorno dopo, la paura non vince: avanti festival cinema

Di Chiara Battaglia

Tunisi (Tunisia), 25 nov. (LaPresse) – Fiori e bandiere per le vittime sul luogo dell’attentato, agenti armati in tutti i luoghi sensibili, ma anche – nonostante tutto -lunghe code di giovani per assistere alle proiezioni del festival del cinema di Cartagine. Tunisi si presenta così all’indomani dell’attacco avvenuto in pieno centro, dove un kamikaze si è fatto esplodere prendendo di mira un bus della Guardia presidenziale. Il terzo attacco di grandi dimensioni a colpire la Tunisia quest’anno, dopo quelli del 18 marzo al museo del Bardo e del 26 giugno sulla spiaggia di Sousse.

In città è palpabile il disorientamento: preoccupa la situazione della sicurezza, ma preoccupa anche la risposta delle autorità. Sono in tanti infatti a sollevare dubbi sull’opportunità della reintroduzione dello stato di emergenza e del coprifuoco, sull’opportunità di limitare delle libertà per la sicurezza: “Sì, lo facciamo, ma poi?”, si sente ripetere da più voci per le strade, che si chiedono piuttosto quale intenda essere la risposta di lungo termine. Ieri sera, a poche ore dall’attentato, in un discorso alla nazione mandato in onda in tv, il presidente tunisino Beji Caid Essebsi ha annunciato lo stato d’emergenza per 30 giorni, nonché l’introduzione del coprifuoco a Tunisi dalle 21 alle 5 del mattino. Lo stato d’emergenza era già stato dichiarato dallo stesso Essebsi il 4 luglio, subito dopo l’attacco di Sousse, inizialmente per 30 giorni e poi esteso il 3 agosto per altri 60 giorni, rimanendo dunque in vigore fino al 2 ottobre. Il coprifuoco, invece, a Tunisi non c’era dai tempi della rivoluzione del 2011 con cui fu cacciato il dittatore Ben Ali, nota in Occidente come Rivoluzione dei gelsomini ma che i tunisini preferiscono chiamare Rivoluzione della dignità.

E a preoccupare è la situazione generale del Paese. Pochi giorni fa, a neanche due mesi dall’assegnazione del Nobel per la Pace al Quartetto tunisino per il dialogo nazionale, a scuotere l’opinione pubblica era stata la storia di Mabrouk Soltani, un pastore di 16 anni originario della zona di Sidi Bouzid, nell’interno della Tunisia. La sera del 13 novembre, mentre gli occhi del mondo erano puntati su Parigi per i diversi attacchi fra cui quello al Bataclan, il ragazzino è stato decapitato dai terroristi e la testa è stata messa nel frigorifero della madre. E a scuotere era stata l’intervista rilasciata successivamente dal cugino di Mabrouk a Nessma TV, in cui aveva sottolineato la difficoltà delle zone interne della Tunisia, denunciando quella povertà che fa sì che “i terroristi possono comprarci”.

Oggi, all’indomani dell’attentato, colpiscono e danno speranza le immagini delle lunghe code davanti ai cinema, a dispetto della paura. L’attacco contro la Guardia presidenziale è avvenuto durante la settimana delle Journées cinématographiques de Carthage, il festival del cinema di Cartagine, ma il comitato organizzatore ha scelto di non sospendere l’evento, cominciato giorno 21 e che si concluderà il 28. “La cultura e il cinema vivranno”, scriveva lo staff poco dopo l’attacco di ieri. Proiezioni di film di tutto il mondo proseguono dunque nelle sale della capitale che aderiscono, soprattutto nella zona della centrale avenue de Bourguiba, e la partecipazione è soprattutto di giovani. Dalle 21 però strade deserte per il coprifuoco: alle 20 moltissime attività commerciali, compresi bar e ristoranti, avevano già chiuso i battenti, e anche lungo avenue de Bourguiba, solitamente brulicante di persone e di clienti dei numerosi bar con i tavoli all’esterno, alle 20 c’era un solo bar aperto. Difficilissimo trovare dei taxi, mezzo solitamente molto utilizzato in città, per raggiungere casa in tempo.

Sul luogo dell’attentato, intanto, oggi c’è stato un continuo viavai di gente. Centinaia di cittadini, anche famiglie con bambini, si sono avvicendati per avere un momento di raccoglimento in ricordo delle vittime. Diversi fiori sono stati deposti lungo le transenne che delimitano l’area dell’attentato, dove sono presenti numerosi poliziotti armati e un furgoncino dell’esercito. L’autobus esploso ieri non è stato rimosso perché sono ancora in corso le rilevazioni degli inquirenti, ma non è possibile vederlo da oltre le transenne. E al calare della sera una delle aiuole sul marciapiedi, con una palma, è diventato un posto di raccolta di mazzi di fiori, candele e simboli nazionali. Due bandiere della Tunisia (fondo rosso e cerchio bianco al centro con mezzaluna e stella) sono state attaccate sul tronco della palma.