di Antonella Scutiero
Roma, 14 nov. (LaPresse) – “Ero a tavola quando ho sentito dei colpi venire dalla strada: pensavo fossero petardi, fuochi d’artificio, ma poi ho realizzato che erano spari. E’ durato almeno venti secondi, una sequela di colpi fortissimi”.
Così Francesco Maselli, studente alla Pantheon-Assas, racconta a LaPresse i tragici momenti di uno degli attentati terroristici di ieri a Parigi, vissuti a pochi passi dal bistrot ‘Le Petit Cambodge’, dove due persone sono rimaste uccise.
“Ieri sono andato all’università, ho fatto un esame. Ho fatto una passeggiata con un amico: poi lui è andato a casa sua, verso Charonne, dove poi c’è stato un altro attentato, io sono andato verso Canal San Martin. Sono tornato a casa, ho preso la bici e sono andato da mio zio”. Una normale cena in famiglia, ma dopo venti minuti “abbiamo sentito questi rumori fortissimi, e subito dopo la strada, piena di ristoranti, si è riempita di gente che urlava ‘chiamate la polizia, chiamate la polizia’, e fuggiva. La folla ha poi cercato rifugio nei portoni, temevano di diventare bersaglio lì, all’aperto”.
A quel punto Francesco ha preso il cellulare: “Avevo paura di essere allarmista, anche perché non sapevo cosa fosse successo, ma ho subito provato ad avvisare tutti”. Poi, la presa di coscienza della gravità dell’accaduto: ” E’ arrivata la polizia ci ha detto di rimanere in casa. Abbiamo acceso la tv, internet, seguendo la tragedia. Ci siamo barricati in casa, avevamo paura che uno degli attentatori trovasse rifugio nei palazzi”, racconta.
Utile in questo caso Facebook: “Io non riuscivo a parlare con mia madre per rassicurarla, allora ho usato il ‘safe check‘ del social per dire a tutti che stavo bene”. La nottata è trascorsa sotto choc, tra la paura e la preoccupazione per gli amici: “In un clima surreale ci siamo cercati tutti per verificare che stessimo bene”, racconta Francesco. Stamattina doveva partire per tornare a casa, a Napoli: “In un clima surreale, in una città deserta, ho preso un taxi e sono arrivato allo Charles de Gaulle. La tensione era evidente sul volto di tutti.
Lui e i suoi amici trascorrono spesso le serate nelle zone diventate teatro della tragedia. “Le Petite Cambodge è un locale molto frequentato, io ci sono andato diverse volte, ma tutta la zona soprattutto il venerdì sera richiama tanta gente. Vale anche per gli altri luoghi colpiti. E’ proprio questo che colpisce – dice lo studente napoletano, che vive a Parigi da quasi un anno e mezzo: Charlie Hebdo, le Torri Gemelle, erano dei simboli. Pensare di essere considerato un bersaglio nella tua vita quotidiana è molto pesante”.