dal nostro inviato Jan Pellissier
Firenze, 6 nov. (LaPresse) – La crisi siriana è uno dei temi centrali del meeting ‘Unity in diversity’ in corso da ieri a Palazzo Vecchio a Firenze, che raccoglie 80 sindaci da 60 Paesi, oltre premi Nobel ed esponenti del mondo della cultura, tra cui Tim Robbins e Tawakkol Karman. La Siria è entrata con forza nel dibattito ieri attraverso le parole del sindaco di Kobane, Mustafa Ab-Di, che aveva aiuti concreti, oltre alla solidarietà, per la sua città distrutta dall’Isis. Già oggi è arrivata una prima risposta concretissima.
A raccontarla il sindaco di Firenze, Dario Nardella, parlando in esclusiva con LaPresse: “L’appello del sindaco di Kobane, Mustafa Ab-Di per ricostruire la sua città, che al costo di migliaia di vittime è riuscita a cacciare gli occupanti terroristi dell’Isis, non è caduto nel vuoto – spiega Nardella – stamane infatti c’è stato l’incontro con il sindaco di Diyarbakir (città del sudest della Turchia, ndr) e quello di Kobane, alla presenza di una delegazione della città di Istanbul, durante il quale è emersa la volontà di aprire un’inedita collaborazione, che abbia innanzitutto l’obiettivo di favorire la ricostruzione di Kobane, città devastata e distrutta. Kobane è un crocevia di etnie e culture diverse, dimostrazione che nelle città possono convivere diversi valori e culture. Questo è l’appello che stiamo raccogliendo con tutti i sindaci del mondo”.
“I sindaci sono testimoni delle conseguenze dei conflitti, delle crisi internazionali, degli scontri inter religiosi e degli atti di terrorismo. Ed è in questo ruolo che si sono espressi e si sono impegnati, e per cui ancora in queste ore sono coinvolti in un dibattito intenso”, prosegue Nardella. Questo perché, le grandi città ospitano oggi più della metà della popolazione globale, ed in futuro saranno sempre più cardine della politica estera mondiale. “Il nostro obiettivo, con questo vertice – spiega il sindaco – è far rivivere una vocazione che Firenze ha sempre nutrito, a partire da quel grande vertice dei sindaci del 1955 che organizzò Giorgio La Pira. Tuttavia però vogliamo anche rivolgerci al futuro, fermo restando il rispetto del potere che i singoli Paesi hanno nella politica estera, anche le città possono contribuire a costruire la pace, perché sono la realtà della convivenza civile in tutto il mondo”. Partendo da tutto ciò, non è quindi casuale che i sindaci riuniti a Firenze, spiega Nardella, da un lato “confermino l’impegno alla cooperazione internazionale” ma dall’altro “confermino la richiesta e l’appello a grandi organizzazioni come l’Onu e l’Unesco, ad una sistematica nell’essere ascoltati con più frequenza e sistematicità” confermando contempo l’impegno ad investire in cultura e arte, sostenendo anche l’iniziativa del Governo dei caschi blu della cultura.
Una vocazione internazionale, quella delle nostre città, testimoniata in questi giorni a ‘Unity in diversity’ da vari sindaci, del Sud come del Nord Italia. “Le città italiane storicamente sono porti aperti a culture, etnie e vicende storiche diverse”, sottolinea Nardella, evidenziando come il ruolo del sindaco in Italia sia frutto di culture cittadine in cui “si è sempre respirato una sensibilità ai grandi temi internazionali, facendoli convivere con i problemi quotidiani, Giorgio La Pira diceva che il sindaco di Firenze ha due compiti ‘promuovere la pace nel mondo e cambiare le lampadine’. Non sono dimensioni contrapposte, quella del lavoro al servizio del cittadino, e quello del mettere al servizio dell’umanità, una grande storia e una grande vocazione culturale, come quella di Firenze”. In Italia, come nel resto del mondo, conclude Nardella, “i sindaci sono quella parte dei politici, che riscuote più credibilità e ascolto da parte dei cittadini” pur essendo al contempo nei Paesi in guerra come la Siria, “l’ultimo anello di una catena, che li porta ad avere sulle spalle le conseguenze di guerre e violenze”.