di Giampiero Gramaglia
Roma, 17 set. (LaPresse) – E’ Carly Fiorina l’anti-Donald Trump, nel dibattito televisivo fra i candidati alla nomination repubblicana a Simi Valley, in California. A questo punto, diventa persino possibile ipotizzare un confronto per la Casa Bianca, l’8 novembre 2016 fra due donne, la repubblicana Fiorina e la democratica Hillary Rodham Clinton. Sempre più improbabile, invece, un match ‘stile dinasty’ tra la Clinton e Jeb Bush, perché il figlio e fratello del 41o e 43o presidente degli Stati Uniti esce di nuovo male dal confronto e perde ulteriormente terreno.
Ma la corsa è ancora lunga. Anzi, la corsa vera, con la conta dei delegati e non solo dell’indice di gradimento davanti alla tv, comincerà a febbraio nello Iowa: fino ad allora, per andare avanti bastano i soldi, e le chiacchiere.
A Trump, non mancano nè gli uni nè le altre. Ma lo showman, magnate dell’immobiliare, dà l’impressione -o, almeno, questa è la tesi di alcuni suoi antagonisti, in particolare il libertario Rand Paul che duella con lui più di spada che di fioretto- di avere ormai raggiunto il massimo dei consensi. Di qui in avanti, è l’idea, o la speranza, ‘Donald il rosso’, per via dei capelli, comincerà a stancare, perché il suo è un pubblico volatile, che ha bisogno d’essere sempre stupito e divertito. E un presidente deve pure sapere fare altro.
Trump, comunque, ieri sera, c’è riuscito di nuovo: ha vinto il secondo dibattito, come aveva vinto il primo in agosto a Cleveland, Ohio. I sondaggi a caldo pubblicati dopo il confronto sulla Cnn lo danno nettamente davanti alla Fiorina: due imprenditori, due ceo, prima del gruppo dei politici. E se si considera che il terzo ‘fuori dal coro’ della politica, il neurochirurgo in pensione, iper-conservatore, Ben Carson, l’unico nero, va alla grande nei sondaggi, ecco che il trionfo dell’anti-politica è servito pure negli Usa.
Il dibattito fra gli aspiranti alla nomination repubblicana, trasmesso in diretta dalla Cnn, dalla biblioteca presidenziale di Ronald Reagan a Simi Valley in California, un ‘luogo di culto’ conservatore, è stato un ‘tutti contro Trump. Un rituale che potrebbe ripetersi negli altri quattro dibattiti previsti di qui a gennaio, uno al mese.
Sullo sfondo dell’AirForceOne usato da Reagan, lui, Trump, il battistrada della corsa, non s’è tirato indietro, riservando boccacce e frecciate ai suoi rivali, anche se, alla fine, s’è dato un cinque con Jeb Bush, che stava alla sua sinistra. Invece, Carson è rimasto un po’ in ombra.
Secondo la Fox, una tv all news conservatrice, Trump ha raccolto il 43,5% delle preferenze, seguito dalla Fiorina col 22,87%. Molto staccati tutti gli altri, a partire da Marco Rubio, senatore della Florida, il più giovane, terzo col 9,87%. Un flop di nuovo Jeb Bush che raccoglie solo il 3,27% delle preferenze. Un rilevamento ‘lampo’ di Drudge Report, meno affidabile come campione, vede avanti Trump col 54% seguito dalla Fiorina col 20%. Nessun altro in doppia cifra, Bush solo all’1%.
Dunque, Trump rivince ‘alle smorfie’. Ma l?ovazione del pubblico se la merita la Fiorina, l’ex ceo della Hp, quando sbotta: “Penso che le donne, in tutto il Paese, abbiano ben capito che cosa ha detto il signor Trump”, rispondendo all’ennesima battuta di sapore maschilista (“Carly è stata il peggior ceo della storia americana”). Trump, che l’aveva recentemente messa alla berlina per l’aspetto fisico, questa volta ha tentato un’imbarazzata carineria.
Per rubare la scena ai rivali, quando tocca loro parlare, Trump ne accompagna gli interventi esibendosi in smorfie esilaranti. E li attacca apertamente: “Innanzitutto Rand Paul non dovrebbe trovarsi su questo palco: è il numero 11”, dice del senatore del Kentucky, perché i partecipanti sono 11 (e non 10, come a Cleveland in agosto nel primo dibattito), selezionati fra i 16 aspiranti in lizza in base agli indici di popolarità nella media dei sondaggi. Paul risponde dandogli dell’ “arrogante”, che offende le persone per il loro aspetto. Trump non si scompone: “Non l’ho mai attaccata per il suo aspetto”, replica, “eppure ce ne sarebbe da dire su questo tema”.
Quando Fiorina, l’unica donna in corsa tra i repubblicani, gli dà del ‘bravo intrattenitore’, ma poco adatto a guidare gli Stati Uniti (“Ho molta fiducia nel buon senso degli elettori d’America”), Trump rilancia sfoggiando la sua modestia: “Sono un bravo intrattenitore quanto un uomo d’affari eccelso. Ho fatto milioni di dollari e ho un carattere molto buono. Sono molto calmo, ma riuscirei ad essere rispettato fuori dal Paese e andrei d’accordo con Putin”, ribatte. Se l’è poi pesa con il presidente Obama, che “non ha coraggio”, mentre lui in Siria sarebbe andato, nel senso che avrebbe mandato l’esercito Usa.
Il duello più atteso era quello con Jeb Bush, che, a giudizio degli osservatori, resta -o, forse, ormai restava- uno dei favoriti alla nomination, nonostante l’appannamento nei sondaggi. I due si sono vicendevolmente provocati. L’ex governatore della Florida ha ricordato che Trump invitò i Clinton al suo matrimonio, accusandolo implicitamente di collusione col nemico. Lui replica che come uomo d’affari deve frequentare tutti. E poi canzona Jeb: “Finalmente un po’ di energia: mi piace”, riferendosi ai suoi discorsi “soporiferi”.
Ma quando Trump critica suo fratello presidente, George W. Bush, Jeb ha un guizzo: “D’una cosa può stare certo, tenne il Paese al sicuro” dopo l’11 Settembre 2001. Jeb ha pure aggiunto un tocco personale, ammettendo di avere fumato marijuana “40 anni fa”.