dell’inviato Matteo Bosco Bortolaso
Vienna, 15 set. (LaPresse) – Per le centinaia di immigrati siriani e iracheni arrivati alla stazione Westbahnhof di Vienna, un biglietto per l’agognata Germania è arrivato a costare 2.000 euro. Naturalmente non si tratta di un titolo di viaggio legale, visto che ormai da giorni un cordone di poliziotti impedisce ai migranti l’accesso in biglietteria.
“Diverse persone si avvicinano e ci chiedono se vogliamo un passaggio fino alla frontiera con la Germania, per 2.000 euro”, racconta Zaid Ayad, laureato in ingegneria. Per giungere fino a Vienna, dove domani il presidente Sergio Mattarella arriverà in visita ufficiale, il 24enne iracheno ha già pagato 1.500 euro a uno scafista che l’ha trasportato illegalmente dalla Turchia alla Grecia. Il viaggio, poi, è poi continuato in Macedonia, Serbia, Ungheria e Austria.
Ora, però, Ayad aspetta. Dieci anni fa ha lasciato l’Iraq in preda alla guerra per andare prima in Siria e poi in Giordania, dove non trova lavoro: “Qui ti assumiamo solo se sei giordano”, gli rispondono sempre, anche per un posto da cassiere. Così ha deciso di tentare la fortuna puntando verso Berlino, dove di ingegneri c’è bisogno. Ma non vuole ripartire subito da Westbanhof, non accetta il passaggio a 2.000 euro. “Ti mollano lì, senza GPS, come fai a trovare la strada giusta?”, chiede in un inglese impeccabile.
Se Ayad non sembra aver fretta, altri immigrati si accalcano sulle banchine della stazione, cercando di salire su uno dei treni in partenza. La Germania, però, rimane lontana anche per loro. I treni per Monaco vengono regolarmente annullati. Anche nei convogli in viaggio all’interno delle frontiere austriache i controlli sono ferrei. Le forze dell’ordine lasciano passare solo i pendolari per Sankt Valentin, a pochi chilometri dalla capitale, e bloccano siriani, curdi, iracheni e pachistani.
La stazione, però, è divenuto a suo modo un luogo ospitale per le tantissime famiglie di profughi. Alcune associazioni umanitarie garantiscono a tutti un po’ di riso, una zuppa calda e una bottiglietta d’acqua. A pochi isolati, un edificio ospita bagni e docce. I migranti ringraziano e dicono che il trattamento è di lusso rispetto a quello ungherese. Il municipio di Vienna ha appeso cartelli, che si concludono con “Siete al sicuro”. Su alcuni muri c’è addirittura una mappa dell’Europa, con un cerchietto rosso: “Voi siete qui”.
Traduttori in farsi, arabo, curdo e persiano accompagnano consulenti legali come Veronika, giovane austriaca laureata in giurisprudenza, la quale spiega però che in pochi accettano di fare richiesta d’asilo: se il primo accesso in Ue è stato registrato al confine tra Serbia e Ungheria, i richiedenti asilo verranno rispediti a Budapest.
Piuttosto di andarci, Hakimm Mohammad dice che tornerebbe in Iraq. Il 29enne sventola i documenti ufficiali ungheresi: “Mi hanno preso le impronte digitali – dice – e mi sono pure beccato una bastonata in testa”. I suoi amici, che non sono stati ‘schedati’, lo prendono in giro: “Non hai corso abbastanza veloce!”.