dall’inviato Matteo Bosco Bortolaso
Vienna (Austria), 15 set. (LaPresse) – “Adesso alla stazione di Keleti di Budapest non ci sono più migranti, e alcuni amici cominciano ad organizzarsi per andare in Serbia, a dare un mano lì, ma io penso che sia troppo pericoloso: non mi intrometto in faccende dello Stato e consiglio ad ognuno di non andare lì“. A parlare è un giovane studente, con il passaporto tedesco e la mamma italiana, che ha passato le ultime settimane nell’ormai celebre stazione ungherese presa d’assalto da migranti provenienti da Siria e Iraq.
Questo studente, che preferisce rimanere anonimo, fa parte dei pochi volenterosi che, anche senza essere legato ad un’organizzazione non governativa, si sono dati da fare per aiutare i migranti, trasportando materassini e aiutando con le traduzioni in ungherese. Come lui, Valeria Verdolini, sociologa del diritto alla Statale di Milano, ha deciso “di farsi carico di un’accoglienza differente” ed è partita, assieme ad altri quattro italiani e decine di austriaci e tedeschi, da Vienna verso Budapest.
Le loro ‘automobili della speranza’, rintracciabili anche su Twitter con l’hashtag #CarsOfHope, raccolgono quei migranti che non sono riusciti a passare il confine tra Ungheria e Austria. Paradossalmente, i loro buoni propositi potrebbero fare il gioco del premier ungherese Viktor Orban, che sembra aver ordinato di caricare i migranti su dei bus per poi lasciarli al confine austriaco: uno scaricabarile che, alla fine, svuoterebbe la repubblica magiara del peso dei profughi.
“Il campo di Roszke è vuoto – dice a LaPresse l’italo-ungherese Antonio Gambino, nato e cresciuto a Palermo ma ormai stabilitosi a Budapest – loro prendono e svuotano, e ora vanno a vedere il bluff degli austriaci, che avevano parlato di nazismo: ora che ce li avete voi, che fate?”.
Gli italiani attivi in Ungheria si sono spesso appoggiati ad associazioni locali come Migration Aid e Migszol (Migration Solidarity Group of Hungary), dove alcuni attivisti hanno preparato una lettera, tradotta anche nella nostra lingua, da indirizzare al deputato del Parlamento europeo eletto nella propria circoscrizione. “L’attuale situazione dei rifugiati in Ungheria – denuncia la missiva – rappresenta una seria minaccia all’impegno dell’Unione europea nel garantire i diritti, le libertà fondamentali e la sicurezza dei rifugiati e di coloro che cercano asilo e protezione umanitaria”.