Bangkok (Thailandia), 19 ago. (LaPresse/Reuters) – Quarantotto ore dopo che una bomba è esplosa nel centro di Bangkok, uccidendo almeno 20 persone, la polizia thailandese ancora non è in grado di ipotizzare chi siano i responsabili. A rendere le operazioni ancora più complesse, c’è il fatto che prove cruciali potrebbero essere andate perdute nel caos successivo alla detonazione. La prova principale, per ora, è il filmato delle telecamere di sorveglianza che mostra un uomo abbandonare uno zaino al santuario di Erawan, poco prima dello scoppio della bomba.
Nei confronti di quell’uomo, definito “straniero” sulla base del colore della sua pelle, è stato emesso un mandato d’arresto. Di lui la polizia ha anche diffuso un identikit, offrendo una taglia da 28mila dollari per informazioni che porteranno alla sua cattura. Le autorità hanno però opinioni contrastanti sul fatto che indossasse un travestimento. Altri due uomini che appaiono nel video sono anch’essi sospettati, ha riferito oggi la polizia, senza tuttavia fornire dettagli sul loro aspetto. La polizia ancora non si esprime sull’eventuale appartenenza dei presunti responsabili a gruppi militanti, siano essi thailandesi o esteri. Secondo alcuni esperti, la dimensione senza precedenti dell’attacco lascia pensare a un possibile legame con lo Stato islamico o con al-Qaeda. La polizia ha però dichiarato di non aver contattato controparti stranieri o l’Interpol per ottenere collaborazione alle indagini.
Anzi, il primo ministro, Prayut Chan-ocha, si è irritato quando gli è stato domandato se il suo governo, nato dopo il golpe militare del maggio 2014, abbia cercato aiuto all’estero. “Questo incidente è avvenuto in Thailandia, perché dovremmo volere che altre persone vengano a investigare”, ha dichiarato l’ex generale. Intanto, un portavoce della polizia ha fornito notizie contrastanti sulle componenti dell’ordigno, dicendo prima che erano di origine thailandese e poi rivedendo l’affermazione sostenendo che questo non sia chiaro. Un artificiere, interrogato sul perché il santuario di Erawan sia stato riaperto così presto, ha detto a condizione di anonimato: “Abbiamo raccolto tutte le prove, ecco perché il luogo del crimine è stato riaperto“, anche perché le procedure post-esplosione sono uguali a quelle adottate all’estero.
Fonte Reuters – Traduzione LaPresse (Segue)
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