Gerusalemme, 18 ago. (LaPresse/EFE) – Il detenuto palestinese Mohammed Allan, oggi da 63 giorni in sciopero della fame, ha ripreso coscienza nell’ospedale israeliano in cui è ricoverato e ha rifiutato l’esilio propostogli da Israele come condizione per la libertà. L’avvocato del 31enne, che protesta per la detenzione senza processo, ha spiegato che se non si troverà una soluzione entro domattina, Allan rifiuterà le cure mediche. Il palestinese è un presunto attivista del Movimento per il jihad islamico in Palestina.
I medici dell’ospedale di Barzilai, ad Ashkelon, hanno sospeso oggi la somministrazione dell’anestesia che negli ultimi giorni aveva tenuto il palestinese in coma perché potesse recuperare coscienza e parlare con il suo legale, a cui era stata inviata la proposta di accordo per la liberazione. Questa prevederebbe che Allan resti per almeno quattro anni lontano dalla Cisgiordania. Un portavoce del Ministero palestinese dei detenuti ha affermato che il 31enne è stanco e debole, ma completamente lucido nel prendere decisioni.
Ha spiegato che il detenuto ha comunicato ai medici che desidera continuare lo sciopero della fame e non vuole ricevere più liquidi, vitamine e farmaci intravenosi, consapevole che in questo modo rischia la morte. Per ora, non è stato fatto ricorso alla controversa legge approvata a luglio dal Parlamento israeliano, che permette l’alimentazione forzata. Israele teme fortemente che la morte di un detenuto palestinese, soprattutto se diventato un simbolo come Allan, possa causare violenti disordini.