dal nostro inviato Fabio De Ponte
Gerusalemme, 22 lug. (LaPresse) – “Chi pensa di boicottare Israele, non si rende conto di boicottare se stesso. Non si rende conto di tradire il proprio futuro. Possiamo avere opinioni diverse su specifici accadimenti ma sappia la Knesset che l’Italia sarà in prima linea in Europa dalla parte della collaborazione contro ogni forma di boicottaggio sterile e stupido”. Sono le parole pronunciate dal premier Matteo Renzi di fronte all’assemblea del Parlamento israeliano.
Il presidente del Consiglio, nella seconda giornata di visita nel Paese è stato accolto alla Knesset con tutti gli onori. Una cerimonia importante. Squilli di trombe, la banda, i fiori. Un cartello in cima all’ingresso principale: ‘La Knesset dà il benvenuto al presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana Matteo Renzi’. Prima di lui era stato solo Silvio Berlusconi ad aver avuto il privilegio di essere invitato a pronunciare un discorso in quella sede come premier italiano, nel 2010. “Presidente Renzi, benvenuto in Israele e a Gerusalemme”, sono state le parole, pronunciate in italiano, con le quali lo ha accolto il presidente del Parlamento ebraico Yuli-Yoel Edelstein.
Prima di Renzi hanno parlato Edelstein, il capo dell’opposizione e presidente del partito laburista Isaac Herzog – che Renzi aveva incontrato in mattinata – e il leader del governo Benjamin Netanyahu.
Tutti e tre hanno centrato il loro intervento sul tema dell’Iran. Se il primo ha parlato della “lotta contro il male dell’islam radicale”, sottolineando che “l’esplosione della bomba davanti al consolato italiano al Cairo dimostra che questa lotta deve essere congiunta e determinata”, il secondo ha parlato di un “cattivo accordo che minerà la sicurezza nella regione”. Il più duro, naturalmente, è stato Netanyahu, secondo il quale ora Teheran disporrà di milioni di euro per finanziare il terrorismo e in capo a dieci anni sarà in grado di realizzare bombe atomiche in pochi giorni.
Nonostante la forte pressione, Renzi non ha rinunciato a ripetere ciò che aveva già detto ieri a Netanyahu: “Pensiamo che l’accordo con l’Iran possa essere un compromesso utile ma siamo pronti a verificarne l’implementazione momento dopo momento. Quello su cui possiamo non essere d’accordo è il futuro dell’Iran, ma su una cosa siamo d’accordo, il futuro di Israele”. Una risposta chiara, che ha pronunciato da “amico di Israele”, che ha riscosso diversi applausi.
Perché, ha continuato rivolgendosi ai deputati, “il vostro destino è il nostro destino, la vostra sicurezza è la nostra sicurezza”.
Ma non si è limitato a questo. Renzi si è spinto molto più in là: “L’esistenza dello Stato di Israele – ha detto – non è una gentile concessione della comunità internazionale dopo la Shoah. Israele precede di secoli gli accordi internazionali. Israele esiste non grazie all’olocausto, ma nonostante l’olocausto, e continuerà ad esistere con la difesa di tutti i suoi amici e partner nel mondo. Voi non avete solo il diritto di esistere, avete il dovere di esistere e di resistere e di trasmettere valori ai vostri figli e anche ai miei figli, Francesco, Emanuele ed Ester, perché siete un punto di riferimento nel mondo”. Un passaggio particolarmente applaudito da Netanyahu, che ha mostrato evidente soddisfazione.
Ma da questo appuntamento non poteva essere assente la questione palestinese. A offrire l’assist al premier è stato Herzog, spiegando che proprio il “cattivo accordo” con l’Iran rende indispensabile accelerare col processo di pace. “Dobbiamo fare sforzi senza compromessi e senza paure – ha detto – per un accordo con i nostri vicini palestinesi. Sono a un quarto d’ora di macchina da qui. Voi italiani avete contribuito negli ultimi due decenni ad avvicinarci ai palestinesi. La visione dei due Stati è essenziale per noi. Abbiamo una rara e storica opportunità di cambiare la regione, proprio per le minacce di Isis e Iran. Servono infrastrutture in Cisgiordania e a Gaza”.
Parole alle quali Renzi nel suo intervento ha risposto così: “Tutti gli sforzi – ha detto – che possiamo fare di natura economica, commerciale ma anche culturale e valoriale, vanno nella direzione della soluzione due popoli per due stati, unica soluzione della crisi che si protrae da molti anni”. Una cosa che ha ripetuto più tardi a Betlemme, incontrando il presidente palestinese Mahmoud Abbas. “Voglio ribadire – ha affermato rivolgendosi a lui – la necessità e l’intenzione da parte dell’Italia di investire nell’amicizia col popolo palestinese come arma per arrivare a quella che stamane abbiamo definito la pace dei figli di Abramo”.
Alla fine di questa due giorni – che sarà ricambiata a settembre da una visita a Roma del presidente Reuven Rivlin – il governo sembra avere incassato un rafforzamento delle relazioni con Israele, nonostante la scelta di appoggiare l’accordo con l’Iran e l’intenzione di approfittare della fine delle sanzioni per recuperare un interscambio da tre miliardi di euro l’anno. Tanto che Netanyahu nel suo intervento si è lasciato andare a qualche momento di leggerezza. “Noi amiamo l’Italia – ha detto -. La lingua italiana, l’arte italiana. Amiamo la cucina italiana – ha aggiunto scatenando una risata in aula -. Per noi in Israele stare intorno alla tavola è molto importante. E amiamo anche il calcio. Amiamo l’Italia e credetemi parlo a nome di tutta l’assemblea”.