Tunisi (Tunisia), 12 lug. (LaPresse/EFE) – Il governo libico di Tripoli, cioè quello non internazionalmente riconosciuto, ha definito un atto ostile la decisione di Tunisi di issare un muro alla frontiera fra Tunisia e Libia, il cui obiettivo dichiarato è di frenare il contrabbando e impedire il passaggio di jihadisti. In un comunicato riportato oggi dalla stampa tunisina, Tripoli critica “una decisione unilaterale che suppone una flagrante violazione della sovranità nazionale libica” e avverte che la sua piattaforma armata, cioè le milizie ‘Alba della Libia’ o ‘Fajer Libya’, “si riserva il diritto di intervenire in ogni momento e luogo”. Tunisi “deve definire in coordinamento con le autorità libiche i limiti di frontiera affinché non sembri né un’aggressione né un’occupazione”, aggiunge la nota, che ribadisce il “rischio che potrebbe rappresentare la continuazione della costruzione del muro”.
Giovedì il premier tunisino Habib Essid ha confermato che alcune unità dell’esercito costruiranno un muro di 160 chilometri che unirà i due passi di frontiera che separano Tunisia e Libia, cioè quello di Ras Jedir sulla costa e quello di Dehiba nel deserto. La decisione è giunta dopo l’attacco del 18 marzo al museo del Bardo a Tunisi e quello del 26 giugno sulla spiaggia di Sousse, in cui sono morte oltre 60 persone, perlopiù turisti stranieri. Secondo il ministero dell’Interno tunisino, entrambi gli attacchi sono stati opera di jihadisti locali, addestrati però in campi militari in Libia.
A proposito della costruzione, il ministro tunisino della Difesa, Farhat Horchani, ha spiegato che il muro “sarà ampliato di circa 40 chilometri e ragguingerà i 220 chilometri”. In dichiarazioni rilasciate alla stampa al termine di una visita al vaico di Ras Jedir, Horchani ha precisato che “non si tratta di un muro vero e proprio ma di una serie di ostacoli, corridoi e fossati per proteggere la frontiera dal contrabbando di beni e armi e per impedire l’infiltrazione di terroristi”. I lavori sono in mano a nove imprese, che li concluderanno prima della fine dell’anno, e verranno inoltre introdotti strumenti di vigilanza elettronica che saranno installati “con l’assistenza materiale di Paesi amici“, ha concluso Horchani. La Tunisia, insieme alla Francia, è il Paese da cui partono più volontari per unirsi allo Stato islamico (ex Isil o Isis), con circa 3mila combattenti partiti secondo il bilancio ufficiale e 5mila secondo diversi esperti. Si crede che, di questi, circa mille siano già tornati da Siria e Iraq e abbiano trovato rifugio in Libia, dove si è rifugiato anche il gruppo tunisino Ansar al Sharia, o in Tunisia in zone come la regione di Kasserine, vicino al confine con l’Algeria