Londra (Regno Unito), 6 mag. (LaPresse/Reuters) – La carriera di David Cameron è appesa a un filo. Giovedì 7 maggio il Regno Unito andrà al voto per le elezioni generali e, con i sondaggi che da settimane danno un testa a testa fra conservatori e laburisti, per l’attuale premier l’esito delle urne sarà decisivo. Se i conservatori perderanno sarà fuori gioco immediatamente. Se invece vinceranno, ma senza la maggioranza assoluta necessaria a formare un governo da soli, Cameron potrebbe comunque affrontare una sfida alla sua leadership dall’interno del partito. “Se riuscirà a tenersi aggrappato al numero 10” di Downing Street “penso che lo perdoneranno per un paio di settimane” ma “poi potrebbe essere difficile”, spiega Tim Bale, autore di una storia del Partito conservatore.
LA FAMIGLIA E LA CARRIERA POLITICA. Discendente di re Gugliemo IV, Cameron ha vissuto un’infanzia piuttosto agiata. Figlio di un ricco broker, ha frequentato l’esclusivo Eton College e l’università di Oxford. Ha poi sposato Samantha Sheffield, nel cui albero genealogico figura anche re Carlo II d’Inghilterra. Quarantotto anni, leader dei conservatori dal 2005, è diventato premier nel 2010 guidando una coalizione con i LibDem di Nick Clegg, allora terzo partito del Paese. Il suo più grande vanto è quello di avere risollevato l’economia da un profondo declino ottenendo uno dei tassi di crescita più veloci del mondo sviluppato. Ma la crescita degli stipendi è cominciata solo adesso, il che significa che molti elettori non ne hanno ancora beneficiato. In questa campagna elettorale ha detto che vorrebbe ottenere un nuovo mandato di cinque anni per “terminare il lavoro” e aggiustare l’economia.
LA GUIDA DEI CONSERVATORI. Da quando ha assunto la leadership dei Tories, Cameron ha subito provato ad arginare la percezione del Partito conservatore come di un “nasty party”, come lo aveva definito l’attuale ministra dell’Interno Theresa May, che chiedeva che il partito diventasse più inclusivo. Dopo le tre vittorie di fila del laburista Tony Blair alle urne a partire dal 1997, i conservatori cominciarono a temere che fosse il risultato di poca attenzione verso i poveri, vicinanza ai grandi affari e intolleranza per omosessuali e minoranze etniche. Così Cameron tentò un’apertura su questo fronte, iniziando per esempio a discutere di tematiche ambientali.
DALLE NOZZE GAY AI TAGLI AL WELFARE. È sotto la sua premiership che sono arrivate la legalizzazione delle nozze gay e la nomina della prima ministra donna musulmana, Sayeeda Warsi. Poi, per ridurre il deficit ereditato, il più alto dalla Seconda guerra mondiale, ha proceduto soprattutto a tagli al welfare, fortemente criticati dai laburisti ma apprezzati da quella fetta dell’elettorato infastidita da una classe spesso rappresentata nell’opinione pubblica come parassiti.
IL REFERENDUM SULL’UE E L’IMMIGRAZIONE. Negli ultimi tempi però, per allentare la pressione proveniente dagli euroscettici dell’Ukip guidati da Nigel Farage, Cameron ha premuto l’acceleratore su temi più convenzionalmente conservatori. Ha promesso per esempio che in caso di rielezione organizzerà nel 2017 un referendum sulla permanenza nell’Unione europea e, nel pieno del malcontento sull’aumento dell’immigrazione, ha inasprito la sua retorica su questo tema. Ha avuto inoltre una svolta isolazionista sul palcoscenico internazionale: nel 2011 aveva appoggiato il coinvolgimento del Regno Unito negli attacchi aerei che hanno poi portato alla caduta di Muammar Gheddafi in Libia; ma nel 2013, a segnare il termine delle sue ambizioni in politica internazionale, è giunta la bocciatura in Parlamento della proposta da lui caldeggiata di raid aerei contro obiettivi del governo siriano.
Fonte Reuters – Traduzione LaPresse