Giappone al voto per Parlamento: test per ‘Abenomics’

Tokyo (Giappone), 14 dic. (LaPresse/AP) – Sono in corso le elezioni legislative anticipate in Giappone. Il voto dovrà decidere la nuova composizione della Dieta, la Camera bassa del Parlamento nipponico, composta in totale da 475 seggi. Grande favorito il partito liberal democratico (Jiminto) del premier Shinzo Abe che attualmente detiene 295 seggi, ma dovrebbe aumentare il proprio potere. La grande incognita è però la partecipazione che, secondo i media nazionali, si prospetta molto bassa. Il record negativo per il Paese finora è del 59,32%, registrato appena due anni fa.

I PARTITI IN CORSA. Oltre al Jiminto, i principali altri partiti in lizza sono il Minshuto, partito democratico vincitore al voto nel 2009, ma oggi arretrato; il partito per l’innovazione (Ishin no to) guidato da Toru Hashimoto, sindaco di Osaka, e nato dalla fusione del Partito della restaurazione e del partito dell’unità; il partito comunista guidato da Kazuo Shii, fortemente critico nei confronti della politica economica di Abe, che alle scorse elezioni conquistò otto seggi e ora punta a fare meglio.

LA SFIDA DEL PREMIER. Abe era già stato premier tra settembre 2006 e settembre 2007, quindi venne rinominato due anni fa. Ora vuole una riconferma netta, soprattutto per portare avanti la sua politica economica, nota come ‘Abenomics’ e la sua agenda nazionalista. Il suo partito ha infatti promesso di rivedere la Costituzione (stilata dalle forze statunitensi dopo la sconfitta nella Seconda guerra mondiale) e ha alzato più volte la voce contro quelle che definisce “accuse sbagliate” sul passato nipponico in tempo di guerra.

ABENOMICS. La vittoria di Abe sembra scontata, anche se dagli ultimi dati diffusi l’economia del Giappone sembra andare tutt’altro che bene. Tokyo ha infatti chiuso il terzo trimestre con un calo del Pil dell’1,9% su base annua. Fitch ha messo sotto osservazione il rating sovrano per un possibile downgrade e la fiducia dei consumatori a novembre è decisamente calata. Tra le principali politiche portate avanti dal premier in questi anni al governo, il deprezzamento dello Yen e una politica monetaria volta ad aumentare l’inflazione, a combattere l’incombente deflazione e a stimolare la crescita.

IL FUTURO DELLA COSTITUZIONE. Il futuro politico del Paese dipenderà anche dalle decisione che verranno prese in merito alla Costituzione. Se molti giapponesi condividono l’idea di un Paese forte che possa contrastare l’ascesa della Cina, altri rispettano invece le idee antibelliche della Costituzione approvata alla fine della Seconda guerra mondiale e diffidano dei tentativi di apportare modifiche al testo. In questo senso Abe deve stare attento a ogni mossa. “Abbiamo finalmente costruito un ponte che possiamo attraversare per andare verso una riforma costituzionale”, ha detto il premier rispondendo a una domanda nel corso di un dibattito elettorale.

Ma, notando che ogni modifica richiede l’approvazione attraverso un referendum nazionale, ha aggiunto: “Sfortunatamente non penso che tra la popolazione ci sia un crescente desiderio di cambiare la Costituzione”. La revisione proposta dal partito liberal-democratico nell’ultima bozza del 2012 prevede che Tokyo dovrebbe continuare a rinunciare al suo diritto di risolvere le dispute con la forza militare, ma il suo esercito dovrebbe essere libero di partecipare ad azioni che servano a mantenere l’ordine e la pace internazionale. Altri cambiamenti proposti riguardano la promozione dei valori patriarcali e il ritorno dell’imperatore come capo di Stato, ma anche la possibilità che la libertà di parola ed espressione possano venire limitate se dannose per l’interesse pubblico.

SPINTE NAZIONALISTE. Interessante sarà anche capire cosa Abe farà rispetto al passato nipponico, soprattutto quello relativo all’ultimo conflitto mondiale. Bisognerà capire se farà ritorno al santuario scintoista di Yasukuni, luogo simbolo del nazionalismo, in cui si celebrano i caduti per la patria tra cui anche alcuni condannati per crimini di guerra. La visita compiuta lo scorso anno dal premier sollevò critiche soprattutto a livello internazionale.