Bangladesh, 2° leader islamista condannato a morte per crimini guerra

Dacca (Bangladesh), 2 nov. (LaPresse/AP) – Un tribunale speciale del Bangladesh ha condannato a morte Mir Quashem Ali, uno dei leader del principale partito islamico, Jamaat-e-Islami, per gli omicidi di massa nel corso della guerra di indipendenza contro il Pakistan del 1971. Si tratta della seconda sentenza di questo tipo nel giro di una settimana. Dopo la lettura del verdetto, il condannato ha protestato, chiamando “falsi” i testimoni che hanno parlato contro di lui. Il 62enne è considerato uno dei principali finanziatori del partito. Mercoledì la corte aveva condannato a morte il leader Motiur Rahman Nizami. Un’altra figura di spicco della formazione politica è già stata impiccata. In segno di protesta contro i processi, Jamaat-e-Islami ha convocato uno sciopero generale in tutto il Paese per oggi. Per ora non si riportano violenze.

Il Bangadesh accusa i soldati pakistani e i collaboratori locali della morte di 3 milioni di persone durante la guerra durata nove mesi. Nel corso del conflitto vennero anche stuprate circa 200mila donne e 10 milioni di persone furono costrette a rifugiarsi in campi profughi nella vicina India. La corte ha riconosciuto Ali colpevole di otto capi di imputazione, due dei quali prevedono la pena di morte: ossia il rapimento di un giovane uomo e la sua uccisione in una cella di tortura. L’imputato è stato inoltre condannato a 72 anni di carcere per le altre accuse. Il suo avvocato ha fatto sapere che presenterà appello.

Dal 2010 il tribunale ha già emesso 12 verdetti contro i principali leader di Jamaat-e-Islami, che hanno lottato contro l’indipendenza ma negano di aver commesso atrocità. Il primo ministro Sheikh Hasina ha definito i processi uno sforzo dovuto per ottenere giustizia sui crimini di guerra. Ma i critici sostengono che essi stiano venendo usati per abbattere l’opposizione politica.