Koslanda (Sri Lanka), 30 ott. (LaPresse/AP) – “Ho visitato il villaggio e da quello che ho visto non credo che ci saranno dei sopravvissuti”. Così il ministro dello Sri Lanka per la Gestione dei disastri, Mahinda Amaraweera, in riferimento alla frana provocata dalle piogge monsoniche, che ieri ha sepolto 120 case nella piantagione di tè Koslanda nel distretto centrale di Badulla, 218 chilometri a est della capitale Colombo. Almeno 10 persone sono morte nel disastro, ma ci sono voci contrastanti riguardo al numero dei dispersi. Secondo Amaraweera, le persone che mancano all’appello sono meno di 100, mentre per i residenti locali potrebbero essere più di 200. Alcune persone che si pensava fossero state sepolte dalla colata di fango, ha detto il ministro, erano in realtà a scuola o al lavoro.
Un camionista di 48 anni, Raja, ha detto di aver perso tutti e cinque i membri della sua famiglia, la moglie, due figli, una nuora e un nipote di 6 mesi. “Sono uscito presto per andare al lavoro – ha raccontato l’uomo – e qualcuno mi ha chiamato dicendomi di tornare indietro perché c’era stato uno smottamento vicino alla mia casa. Sono tornato e non c’era nemmeno una traccia della mia casa, tutti erano stati sepolti”. Circa 500 soccorritori hanno ripreso stamattina le ricerche, fermate per la notte a causa della pioggia e delle difficili condizioni di lavoro. Le autorità temono altre frane, perché l’acqua continua a scorrere giù per le colline.
Il presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapaksa, ha visitato la piantagione di tè di Koslanda e ha incontrato i residenti locali, che hanno passato la notte in scuole e templi locali. Intanto stamattina decine di civili guidati da un politico hanno sfidato gli ordini della polizia e si sono uniti ai soccorritori scavando nel fango in cerca di sopravvissuti. Le ricerche proseguono lentamente a causa delle piogge; molte case sono state sepolte completamente e in alcuni casi dal fango spuntano soltanto i tetti delle abitazioni.
La stagione delle piogge in Sri Lanka va avanti da ottobre a dicembre e nelle ultime settimane le autorità avevano emesso allerte per smottamenti e caduta di rocce. La zona in cui è avvenuto il disastro, ha riferito il funzionario locale Vettiyan Yogeswaran, era stata dichiarata vulnerabile già nel 2008 e le autorità avevano organizzato prove di evacuazione. Ai lavoratori della piantagione non è stata tuttavia offerta nessuna alternativa abitativa. “Nel mio quartiere ai piedi di una montagna – ha riferito l’uomo – vivono tra 50 e 70 famiglie. Se si verifica una frana, saremo tutti sepolti. Vorremo andarcene, ma non abbiamo dove andare”. Secondo Yogeswaran, la mancanza di un adeguato sistema di drenaggio delle acque piovane ha probabilmente causato un allentamento del terreno e, di conseguenza, la frana.