Gerusalemme, 27 ago. (LaPresse/AP) – Regge il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Dopo 50 giorni di conflitto fra Israele e Hamas, che hanno provocato oltre 2.200 morti, sembra tornata la calma a seguito dell’accordo raggiunto per una tregua illimitata, che è entrata in vigore alle 18 di ieri ora italiana. Oggi l’esercito israeliano ha fatto sapere che non si hanno notizie di violazioni del cessate il fuoco da quando è entrato in vigore.
AL VIA RICOSTRUZIONE NELLA STRISCIA DI GAZA. A Gaza è cominciata la ricostruzione: prima di ogni cosa bisogna riparare le linee elettriche e le infrastrutture per la distribuzione dell’acqua corrente, danneggiata nelle sette settimane di attacchi aerei israeliani. Annunciando ieri l’accordo in un discorso trasmesso in diretta tv, anche il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha lanciato l’allarme per la “tragedia” di Gaza, parlando di una “situazione drammatica”. “Gaza in questo momento non ha acqua né elettricità e poi dobbiamo pensare all’istruzione, visto che molte scuole sono state distrutte o occupate da famiglie rimaste senza casa”, ha detto Abbas.
CRITICHE A NETANYAHU PER AVERE ACCETTATO TREGUA. In Israele ci sono polemiche sul premier Benjamin Netanyahu, accusato di avere accettato una tregua non risolutiva. I media israeliani riportano che Netanyahu ha appositamente deciso di non mettere il cessate il fuoco al voto del Gabinetto di sicurezza per timore dell’opposizione dei ministri che volevano continuare i combattimenti. E oggi, in un’intervista rilasciata a Israel Radio, il ministro del Turismo Uzi Landau accusa la leadership di Tel Aviv di avere “voluto una pace a tutti i costi” facendo diminuire la capacità di Israele di scoraggiare i militanti.
COSA PREVEDE L’ACCORDO DI TREGUA. L’accordo raggiunto prevede l’allentamento del blocco sulla Striscia per permettere il passaggio di soccorsi e dei materiali necessari per la ricostruzione di Gaza. Colloqui su questioni più profonde dovrebbero cominciare tra un mese. Fra i temi ancora da trattare ci sono: le richieste di Hamas di uno stop totale del blocco nella Striscia, di riaprire l’aeroporto e di avere un porto a Gaza; e la richiesta di Israele di un disarmo di Hamas.
CONDIZIONI SIMILI AL 2012 MA HAMAS CANTA VITTORIA. In questo modo Hamas ha di fatto accettato condizioni simili a quelle che posero fine ai combattimenti con Israele nel 2012. Allora lo Stato ebraico aveva promesso di allentare gradualmente le sanzioni in vigore nella Striscia, mentre Hamas aveva promesso di fermare i lanci di razzi da Gaza. Ciononostante Hamas ha presentato l’intesa di ieri come una vittoria della resistenza palestinese, invitando i suoi sostenitori a festeggiare in strada.
I RAID DI ISRAELE PER FAR CROLLARE I PALAZZI. Un alto funzionario dell’intelligence israeliana ha spiegato ad Associated Press di non avere alcun dubbio che, a “creare grande pressione” su Hamas spingendo il gruppo ad accettare la tregua, sarebbero stati gli attacchi compiuti nelle ultime 72 ore da Israele ai palazzi alti, molti dei quali sono crollati. Probabilmente si è trattato di una tattica di Tel Aviv per fare pressione sull’opinione della classe media in modo da spingere Hamas ad accettare il cessate il fuoco.
LE VITTIME DELLE VIOLENZE. Questo ultimo conflitto a Gaza, cominciato con il lancio dell’operazione israeliana ‘Margine di protezione’ lo scorso 8 luglio, ha provocato fra i palestinesi 2.143 morti e oltre 11mila feriti. Fra gli israeliani invece il bilancio è di 70 morti, tutti soldati tranne sei (gli ultimi due civili sono rimasti uccisi ieri da colpi di mortaio palestinesi lanciati poco prima dell’ingresso in vigore della tregua). Stando alle stime delle Nazioni unite, inoltre, nella Striscia sono state distrutte più di 17mila case e 100mila persone sono rimaste senza abitazione.
I MOTIVI DEL CONFLITTO. Il conflitto a Gaza è scaturito dal rapimento e dall’uccisione di tre ragazzini israeliani, avvenuto a giugno in Cisgiordania. Per quegli omicidi Israele accusò Hamas e lanciò una massiccia campagna di arresti, fermando centinaia di membri del gruppo in Cisgiordania. Hamas e altri militanti risposero intensificando i lanci di razzi contro lo Stato ebraico, che l’8 luglio avviò appunto l’operazione militare. Il gruppo palestinese non ha mai rivendicato il rapimento dei tre fino al 21 agosto, quando uno dei suoi leader Salah Arouri, in conferenza stampa in Turchia, ha ammesso la responsabilità di Hamas spiegando che si era trattato di “un’operazione compiuta dai nostri fratelli delle Brigate al-Qassam”.