Roma, 21 lug. (LaPresse) – “Mia figlia di 5 anni mi ha detto ‘Papà quando andrò da Dio gli dirò cosa Israele ci ha fatto’. Questo mi ha completamente scioccato: lei stava cercando di accettare il destino che forse dovrà affrontare”. E’ un passaggio della lettera inviata da Gaza da un cooperante palestinese, Said, pubblicata sul sito del Volontariato internazionale per lo sviluppo. Il giovane, spiega l’organizzazione, ha frequentato il master in Cooperazione e sviluppo di Pavia, prima di tornare a vivere nella Striscia, dove si trova tuttora.
“Non riesco a spiegare – racconta – quanto sia terrificante e pauroso il suono dei missili lanciati dall’aviazione militare israeliana. La routine quotidiana è diventata: ascoltare le esplosioni, seguire i notiziari dell’ultimora, guardare le immagini di sangue delle persone uccise. Ho iniziato a ricordare i terribili momenti della guerra del 2008 quando un missile cadde sulla casa dei miei vicini e noi raccogliemmo i pezzi dei loro corpi sparsi intorno a noi”.
“Quando le forze israeliane hanno iniziato l’invasione di terra – continua – abbiamo rimosso tutte le finestre per evitare che i vetri si rompessero. Il mio appartamento è al terzo piano e per proteggerci, io e la mia famiglia, ci siamo messi a dormire al piano terra. Siamo diventati sfollati all’interno dello stesso palazzo”.
“Siamo rimasti 10 giorni nella nostra casa – prosegue – fino al momento in cui un soldato israeliano ci ha chiamati e chiesto di evacuare il distretto perchè stavano iniziando dei bombardamenti in modo casuale. La chiamata è arrivata il 16 luglio a mezzanotte e noi saremmo dovuti evacuare entro le 8 della mattina seguente. Il bombardamento si è intensificato durante la notte e i missili sono caduti sempre più vicini sino ad arrivare a colpire la casa dei nostri vicini. Del palazzo sono rimaste solo macerie e sabbia, noi eravamo fortemente traumatizzati e non riuscivamo più a dormire. Mia moglie e i miei figli non smettevano di piangere. Io ho cercato di controllare la mia paura per restare forte e non crollare di fronte a loro. Sei ore sono trascorse come fossero sei anni”.
“Noi preghiamo – aggiunge – perché questo incubo finisca presto, per ritornare alla nostra vita e guarire da tutto quello che questa guerra ci ha causato. Resto senza parole – conclude – di fronte al silenzio del mondo e lancio un forte appello per fermare l’aggressione israeliana contro di noi e per aiutarci a vivere in libertà e dignità”.