Irbil (Iraq), 24 giu. (LaPresse/AP) – Il segretario di Stato Usa John Kerry è arrivato ad Arbil, capoluogo della regione autonoma del Kurdistan del nord dell’Iraq, per colloqui con i leader curdi locali che per anni hanno avuto disaccordi con il premier del Paese Minister Nouri al-Maliki. Kerry spera che il sostegno del presidente regionale curdo Massoud Barzani costringerà al-Maliki a cedere più potere ai sunniti e alle minoranze curde irachene, e diminuirà la rabbia verso Baghdad che ha alimentato lo Stato Islamico dell’Iraq. Il sostegno di Barzani è importante perché i curdi rappresentano circa il 20% della popolazione irachena, e generalmente votano in un blocco unico. Kerry ieri ha incontrato diversi leader iracheni a Baghdad, incluso al-Maliki.

Avvisando della “minaccia esistenziale” posta dai militanti sunniti, il segretario di Stato Usa ieri ha detto che gli Stati Uniti sono pronti a intraprendere azioni militari anche se Baghdad rinvierà riforme politiche. Tuttavia, ha sottolineato, l’azione militare non sarebbe a sostegno dell’attuale governo a guida sciita del premier Nouri al-Maliki. Notando i pericoli che i militanti sunniti pongono all’Iraq e alla regione, Kerry ha detto che gli Stati Uniti sono preparati a intraprendere azioni militari se necessario anche prima che venga formato un nuovo governo. “Ecco perché, lo ribadisco, il presidente non verrà ostacolato, se lo ritene necessario, se la formazione non sarà completa”, ha detto, riferendosi ai tentativi iracheni di formare un governo che colmi le divisioni tra la maggioranza sciita e le minoranze sunnite, curde e di altri gruppi.

Kerry ha sottolineato che se verranno decise azioni militari “non avrà nulla a che fare con un governo specifico”. “Non è un supporto specifico per l’attuale primo ministro o per una setta o un’altra”, ha detto Kerry. “Sarà contro Isil, perché Isil è un’organizzazione terroristica, e penso che tutte le persone con cui abbiamo parlato oggi capiscano l’urgenza”. Domenica i militanti dell’Isil hanno preso il controllo di due valichi di frontiera, uno con la Giordania e l’altro con la Siria, mentre venerdì e sabato avevano conquistato le città di Qaim, Rawah, Anah e Rutba, che si trovano tutte nella provincia di Anbar a maggioranza sunnita, dove gli estremisti controllano da gennaio Fallujah e parti del capoluogo Ramadi.

Secondo alcuni funzionari informati sui colloqui tra al-Maliki e Kerry il premier ha chiesto agli Usa di cominciare attacchi aerei contro i militanti sunniti nel territorio che controllano. La risposta di Kerry è stata che gli Usa devono muoversi con estrema cautela per evitare vittime civili e perché non sembri che prendono di mira sunniti, secondo quanto riportano le fonti. Durante l’incontro, hanno anche riferito i funzionari, è sembrato che gli Stati Uniti legassero una qualsiasi azione militare a garanzie che a Baghdad arrivi un governo autenticamente inclusivo.

In Iraq nel mese di giugno sono state uccise almeno 1.075 persone. Lo ha reso noto l’Onu, aggiungendo che la maggior parte erano civili. Nella cifra sono incluse anche vittime di esecuzioni e attentati. Gli osservatori dei diritti umani delle Nazioni unite affermano che almeno 757 civili sono stati uccisi e 599 feriti nelle province di Nineve, Diyala and Salah al-Din dal 5 al 22 giugno. Il portavoce Rupert Colville ha detto ai giornalisti a Ginevra che la cifra “dovrebbe essere considerata come un minimo”, e comprende esecuzioni sommarie verificate e omicidi extragiudiziali di civili, poliziotti e soldati che avevevano smesso di combattere. Almeno altre 318 persone sono state uccise e 590 ferite nello stesso periodo a Baghdad e zone del sud dell’Iraq. Molte di queste persone sono rimaste vittime di almeno 6 attentati separati compiuti con autobombe.

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