Baghdad (Iraq), 14 giu. (LaPresse/AP) – Centinaia di giovani iracheni si stanno presentando nei centri di volontari a Baghdad per unirsi alla lotta per fermare l’avanzata dei militanti islamici del gruppo sunnita Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), rispondendo all’appello lanciato ieri dal religioso sciita più rispettato del Paese, l’ayatollah Ali al-Sistani, di origini iraniane. Al-Sistani, tramite il suo rappresentante Abdul-Mahdi al-Karbalaie, in un sermone pronunciato ieri nella città sacra sciita di Karbala, ha lanciato il seguente invito: “I cittadini che possono portare armi e combattere i terroristi in difesa del loro Paese dovrebbero arruolarsi come volontari e unirsi alle forze di sicurezza”. Il rappresentante di al-Sistani ha avvertito inoltre che l’Iraq affronta “un grande pericolo” e che combattere i militanti “è responsabilità di ciascuno e non è limitata a una specifica setta o gruppo”. La massiccia risposta a questo appello rischia però di aggravare la divisione settari fra sunniti e sciiti, che portò alla crisi del 2006 e 2007.
L’Isil è un gruppo sunnita legato ad al-Qaeda, attivo sia in Iraq che in Siria. In Iraq martedì ha preso il controllo di Mossul, che è la seconda città più grande del Paese. Poi mercoledì ha conquistato Tikrit, che ha dato i natali a Saddam Hussein, e ieri i jihadisti hanno proseguito l’avanzata entrando a Jalula e Sadiyah, in una provincia etnicamente mista a nordest di Baghdad. L’Isil ha annunciato di volere marciare su Baghdad e al gruppo si stanno unendo lealisti dell’era di Saddam Hussein e altri sunniti. Sempre ieri il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha annunciato che sta valutando diverse opzioni per contrastare l’avanzata dei jihadisti in Iraq, ma ha avvertito i leader iracheni che non intraprenderà azioni militari a meno che il governo di Baghdad non affronti le divisioni politiche nel Paese. In ogni caso Obama ha escluso l’invio di soldati Usa.
Le rapide vittorie dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante sul terreno costituiscono la più grande minaccia alla stabilità dell’Iraq dal ritiro dei militari Usa nel 2011. L’evolversi della situazione potrebbe portare a una spaccatura del Paese fra le zone sunnite, sciite e curde. I peshmerga, cioè i soldati curdi, si sono schierati contro i jihadisti, ma parallelamente hanno approfittato della situazione per prendere ieri il controllo del polo petrolifero di Kirkuk, nel nord dell’Iraq. Si tratta di una zona il cui dominio era conteso da decenni fra arabi e curdi, ma per decidere della sua sorte è servita solo un’ora e mezzo. I combattenti curdi hanno infatti mandao via le truppe irachene intimando loro di consegnare le armi e dicendo che avrebbero pensato loro a difendere la città dall’Isil. I peshmerga stanno provando a prendere il controllo della regione del Kurdistan che non è compresa nel governo regionale curdo semiautonomo.