Baghdad (Iraq), 11 giu. (LaPresse/AP) – Sono 500mila le persone in fuga da Mossul, la seconda città più grande dell’Iraq, dopo che ieri è caduta nelle mani dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil), gruppo legato ad al-Qaeda. Lo riferisce l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Al momento non si hanno invece dati sul numero delle vittime rimaste uccise nell’assalto. Mossul, con oltre 1,5 milioni di residenti, è la capitale della provincia di Ninevah, che insieme alla vicina provincia a maggioranza sunnita di Anbar condivide il confine con la Siria.

La caduta di Mossul è un duro colpo per il governo guidato dal premier Nouri al-Maliki, che ieri ha chiesto al Parlamento di dichiarare lo stato d’emergenza. Oggi il ministro degli Esteri dell’Iraq, Hoshyar Zebari, parlando da Atene a margine del meeting dei ministri degli Esteri di Unione europea e Lega araba, ha definito la caduta di Mossul nelle mani dell’Isil una “minaccia grave e mortale” dicendo che che le forze politiche del Paese agiscano insieme e al più presto. Zebari ha assicurato che contro i militanti potrebbe esserci una cooperazione delle forze di sicurezza e delle forze curde peshmerga.

Sulla situazione a Mossul si è espresso anche il governatore della provincia di Ninevah, Atheel al-Nujaifi, il quale ha affermato che le autorità dell’Iraq sono determinate a riprendere il controllo della città e hanno già un piano per ripristinare la sicurezza e cacciare l’Isil. Tuttavia non è chiaro se questo piano sia già in corso di applicazione o sia solo stato stilato. “Mossul è in grado di tornare in dietro sui suoi passi e liberarsi di tutti gli estranei e abbiamo in programma di ripristinare la sicurezza”, ha detto il governatore, riferendo che “sono stati mobilitati cittadini in comitati pubblici che riprenderanno il controllo della città”.

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